“Ten thousand stitches” di Olivia Atwater: delicato e incantevole
Dopo aver amato “Half a soul. Metà di un’anima” (ve ne ho parlato qui), non potevo non acquistare “Ten thousand stitches” per ritrovare la penna di Olivia Atwater (pubblicato per Rizzoli nella collana La biblioteca di Daphne).
TRAMA – Effie, giovane domestica al servizio dell’arrogante famiglia Culver, si è innamorata del fascinoso Mr Benedict Ashbrooke. C’è solo un problema: una domestica non può sposare un gentiluomo, e davanti a lei si prospetta un futuro di infelicità. Almeno fino a che Effie non incontra Lord Blackthorn, che con la sua magia la trasforma in una dama di alto rango e le offre l’occasione di prendere parte a quei balli lussuosi che ha sempre sognato. L’ammaliante fae intende aiutarla a conquistare il cuore di Ashbrooke; tutto ciò che chiede in cambio è che la ragazza cucia diecimila punti sulla sua giacca preferita… Stringere un patto con un fae è pericoloso, ma la sua vita come domestica a Hartfield è così orribile che Effie è disposta a rischiare anche la sua anima. Ora ha cento giorni – e diecimila punti di cucito – per riuscire a sposare Mr Ashbrooke. Troverà il vero amore prima che il tempo scada?
“Ten thousand stitches” è uno di quei romanzi che hanno bisogno di una lenta assimilazione. Dopo averlo concluso, a malincuore – come mi era già successo con il precedente romanzo che ho letto di Olivia Atwater – ho avuto molto chiara la sensazione che dentro di me fosse cambiato qualcosa, anche se non avrei saputo bene dire in che modo, o a che profondità.
Allora, ho tenuto il romanzo ancora un po’ in giro per casa, una presenza silenziosa ma fortissima. Non volevo riporlo sulla mensola, perché avrebbe significato un distacco, e non mi sentivo pronta a lasciare andare Effie. Ma poi mi sono detta che fargli posto accanto ad “Half a soul. Metà di un’anima“, non avrebbe significato recidere il legame che si era creato, anzi.
Conoscere Effie è stato come andare alla ricerca di un pezzo di me, seguendo una strada che mi ha sorpresa più volte, lungo il percorso. Questa giovane donna è una domestica che ha ben chiara la sua situazione, economica e sociale, e non ha mai creduto di poter sognare troppo in grande. E non perché non abbia desideri sulle punte delle dita, ma perché sa essere pratica e razionale, e quindi preferisce borbottare mentre lava via il fango dall’ingresso.
Ma, allo stesso tempo, non riesce a controllare il suo cuore quando vede il sorriso di Mr Benedict Ashbrooke o quando quest’ultimo le riserva una gentilezza che in quella casa le è sempre preclusa.
Le sembra crudele non poter accedere a una felicità che meriterebbe, forse più di tanti altri, e cova dentro di lei una rabbia sorda, un senso di ingiustizia profondo che si irradia anche alle persone che si trovano vicino a lei. Quello che Effie non avrebbe potuto nemmeno immaginare è in che modo si è irradiato e quanto ha fatto presa.
Il suo mondo viene completamente ribaltato dall’incontro con un fae, Lord Blackthorn, con il quale farà una scommessa: il fatato dovrà trasformarla in una dama e aiutarla a conquistare il cuore dell’uomo che ama da lontano entro un mese, altrimenti lei gli farà da domestica per sempre.
Lord Blackthorn è un personaggio straordinario. Si sta affacciando per la prima volta al mondo degli umani, i suoi vicini di casa, ed è una continua scoperta di quelle che sono le loro tradizioni, le loro convenzioni, i loro ragionamenti, le divisioni in classi sociali, insomma di tutto e di più. Sembra un bambino a cui vanno spiegate le dinamiche anche più elementari ed Effie si trova continuamente su un’altalena, tra la frustrazione a volte di non essere capita fino in fondo, e lo stupore che regala un cuore puro e privo di menzogna.
Tutto ciò che potrei provare a dirvi su di lui e sulla sua natura potrebbe risultare solo un piccolo pezzo rispetto alla complessità di un personaggio così semplice, diretto e istintivo. La sua dolce ingenuità, il suo tenero trasporto, la passione con la quale vuole migliorare la sua virtù, vi faranno riflettere tantissimo.
Io più volte mi sono domandata come mi relaziono rispetto alla mia rabbia. Se sarei capace di gesti altruistici come quelli di Effie. Se riuscirei a essere del tutto sincera come Lord Blackthorn. Il loro arco di trasformazione, durante la narrazione, mi ha spinta a chiedere di più a me stessa, e imparare da loro, a cucirmi addosso le loro parole, che spesso si sono annodate al mio cuore senza che nemmeno me ne accorgessi.
“Ten thousand stitches” è uno di quei romanzi che fanno bene, e non solo per come è scritto (a questo proposito, una menzione speciale a Stefano A. Cresti che ha fatto un lavoro di traduzione impeccabile), o perché è molto delicato, o “cozy” come siamo abituati a definire questo genere di libri, ma perché è un romanzo che scava nelle emozioni più autentiche di ognuno di noi, e rimanerne indifferenti è praticamente impossibile.
Perché Olivia Atwater sa come parlare ai cuori dei suoi lettori, specie a quelli con una spiccata sensibilità, non facendoli mai sentire “sbagliati” o “esclusi”, ma piuttosto facendogli capire quanto siano speciali e aiutandoli, con le sue storie, a ritagliarsi lo spazio che si meritano.
E soprattutto sa come far breccia nei cuori di chi sogna sempre l’amore, quello che dura per sempre, come in ogni favola che si rispetti.