“Da qualche parte al di là del mare” di TJ Klune: un messaggio di inclusione
“Da qualche parte al di là del mare” di TJ Klune (Oscar Vault) è il sequel del romanzo che ha fatto piangere tantissimi lettori, “La casa sul mare celeste“. Un sequel che ha commosso i più, anche chi lo ha trovato non bello come il primo romanzo. Ha delle pecche, sì, lo ammetto, ma io l’ho amato comunque.
TRAMA – Arthur Parnassus vive una bella vita costruita sulle ceneri di una brutta vita. È il direttore di uno strano orfanotrofio su un’isola lontana e spera di diventare presto il padre adottivo di sei bambini magici che vi abitano. Nessuno di loro deve provare quel dolore che lui stesso ha provato da bambino. A fianco ha il suo grande amore, Linus Baker, ex assistente sociale del Dipartimento della Gioventù Magica; e ci sono Zoe Chapelwhite, spiritello dell’isola, e la sua fidanzata, la sindaca Helen Webb. Tutti loro faranno di tutto per proteggere i bambini e Arthur si trova a condurre una battaglia perché la sua famiglia, e tutte le persone magiche, abbiano finalmente il futuro che meritano. Ma le ombre del passato e l’arrivo di un altro bambino minano le sue certezze: la sua famiglia crescerà più forte che mai o cadrà a pezzi?
“E quindi che cosa facciamo?”
“Viviamo” rispose Arthur.
“E se cercano di portarci via i nostri figli?”
“Allora combattiamo”
Dopo aver amato quasi in maniera viscerale “La casa sul mare celeste” non potevo non leggere il sequel che l’autore ha scritto e che è arrivato in Italia con il titolo “Da qualche parte al di là del mare“. Non potevo non tornare sull’isola e ritrovare tutti i personaggi che porto ancora nel cuore.
Alla domanda: “Ti è piaciuto?”, l’unica risposta possibile è “Sì”, perché adoro questa famiglia e i loro amici, i dialoghi sono emozionanti fino alle lacrime, e il messaggio che porta con sé dovremmo ricordarlo tutti, ogni giorno. Quindi è una risposta di pancia e di cuore; e anche se rimangano degli aspetti che non mi hanno del tutto convinta, la mia valutazione non può che essere adorante.
“Da qualche parte al di là del mare“, come qualcuno ha già sottolineato, ripete un po’ la dinamica del romanzo precedente. Ancora una volta c’è qualcuno del Dipartimento che vuole portare via i bambini ad Arthur – e anche a Linus, adesso – che sta mettendo in piedi un’operazione denigratoria nei confronti di Arthur e che in generale sta conducendo una campagna di “sensibilizzazione” che è tutto fuorché inclusiva.
Ma questo secondo romanzo sembra più maturo rispetto al precedente nel come affronta le dinamiche presenti all’interno della trama: i bambini sono più consapevoli, le loro parole più cariche di domande e quindi di riflessioni, Arthur gli parla come se fossero degli adulti, continuando allo stesso tempo a fare loro da scudo.
“Sei come tutti gli altri. Cerchi di trasformarmi in qualcosa che io non voglio diventare. Che c’è di sbagliato nel voler essere un mostro? È quello che siamo”. Lungo tutto “Da qualche parte al di là del mare” c’è un’importante riflessione su come gli altri ci vedono (“Ti credono un mostro. Perché non dargli quello che vogliono?”) e io mi sono permessa di ipotizzare che la parola “mostro” che usa Klune sia associabile a “diverso”.
Purtroppo, ancora oggi, la diversità continua a fare paura. Non si riesce a vedere la bellezza di ciò che ha da offrire qualcuno diverso da noi, non si riesce a cogliere la ricchezza di un rapporto istaurato con qualcuno differente da noi per milioni di motivi diversi.
Klune ci vuole lasciare un bellissimo messaggio di inclusione, anche se mi sono trovata d’accordo con Sal nel considerare quella che loro vivono, sull’isola, come una bolla felice, che si è quasi autoesclusa dal resto del mondo. Senza dubbio un luogo di pace e serenità dove finalmente poter essere davvero sé stessi, ma più volte mi sono chiesta: è davvero questa la soluzione? L’auspicio non dovrebbe essere che il mondo intero diventi un unico posto che accoglie tutti, anche i “mostri”?
“Da qualche parte al di là del mare” mi ha emozionata molto perché io mi sono sentita – e a tratti mi ci sento ancora oggi – diversa e sono stata molto spesso esclusa. Solo negli ultimi anni sono riuscita a trovare la mia isola felice, anche se il mondo là fuori ogni tanto continua a farmi paura. Mi sarebbe piaciuto confrontarmi con persone come Arthur, ma anche se in passato non mi è stato concesso, sono comunque felice di averlo incontrato, lungo il cammino. Lui e tantissime altre persone che mi hanno fatto avvertire il loro fuoco.