“Un fidanzato take-away” di Sher Lee: davvero carino
“Un fidanzato take-away” di Sher Lee (Mondadori) è stata una lettura piacevole e a tratti molto tenera, anche se devo confessare di aver riposto in questo romanzo delle aspettative che non si sono realizzate. Ma, a lettura terminata, essendo riuscita a entrare nel messaggio del libro, ho capito che l’errore è stato solo mio.
TRAMA – Dylan Tang ha diciassette anni e una vita tutt’altro che facile. Tra andare a scuola e aiutare la zia a mandare avanti il suo ristorante da asporto cino-singaporiano, non gli resta molto tempo per pensare all’amore. Soprattutto ora che si è messo in testa di iscriversi a un concorso per giovani pasticcieri organizzato da un celebrity chef di New York. Partecipare, e vincere, presentando la torta preferita della mamma, la mooncake nevosa celeste, un dolce che la sua famiglia prepara da generazioni, sarebbe un modo perfetto per celebrarne la memoria ma anche per dare un po’ di visibilità al Wok Warriors, il take-away cinese di zia Jade, che ultimamente non se la passa proprio benissimo. Imbattersi in Theo Somers, giovanissimo rampollo di una ricca famiglia newyorchese abituato a ottenere sempre tutto ciò che vuole e, soprattutto, dotato di un sorriso capace di far imbambolare chiunque, non era assolutamente nei piani. Come non lo era accettare di accompagnarlo a un matrimonio deluxe negli Hamptons fingendosi il suo fidanzato. Ma come poteva rifiutargli questo favore? Dopo tutto, Theo ha fatto una generosa donazione al ristorante della zia e poi i ragazzi con i fisici statuari sono da sempre la kryptonite di Dylan. Dirgli di no era proprio impossibile. Tutto andrebbe per il verso giusto se solo Dylan riuscisse a tenere bene in mente che la loro relazione è una farsa, che non esistono mondi più distanti dei loro e che farsi coinvolgere troppo è tutto tranne che saggio, soprattutto con il concorso dietro l’angolo…
Come scrivevo nell’attacco di questa recensione, prima di iniziare a leggere “Un fidanzato take-away” di Sher Lee, avevo delle precise aspettative, probabilmente perché sono abituata a leggere young adult male to male tutti costruiti più o meno allo stesso modo.
Il romanzo ha un singolo POV, quello di Dylan, il che spesso ci porta a non conoscere – almeno, non da subito – le motivazioni che spingono Theo a comportarsi in un determinato modo. E devo dire che il suo punto di vista mi è mancato molto: nei romance preferisco quando mi viene data la possibilità di “sentire la voce” di entrambi i protagonisti, ma questo è un giudizio prettamente personale.
A fine lettura, però, ho capito che avevo approcciato il romanzo nel verso sbagliato: “Un fidanzato take-away” presenta il solo POV di Dylan perché è la storia di Dylan. Si parla moltissimo delle tradizioni asiatiche, dalle loro scaramanzie all’etichetta, dalla preparazione dei dolci ai proverbi e le storie con più di un finale, e la trama ruota attorno a un percorso di crescita e di consapevolezza di questo ragazzo che ha perso molto, ma che non si è mai arreso.
Nemmeno quando si è trattato di concedersi per la prima volta all’amore, nonostante difficoltà che avrebbero fatto tremare le ginocchia a chiunque.
E mi è stato ancora più chiaro notando come prima Dylan rimaneva sempre zitto durante le conversazioni e come invece, alla fine, abbia tirato fuori la sua voce, parlando davanti a tutti in modo schietto, e con il cuore in mano.
Quindi sì, il POV di Theo mi è mancato, ma solo da un certo punto in poi ho capito che il focus era più centrato su Dylan, nonostante anche Theo abbia le sue difficoltà da affrontare, importanti decisioni da prendere, e un rapporto che sembrava strappato in modo irreparabile da ricucire.
Ripercorrendo tutta la storia, posso dire che un aspetto che mi ha lasciato davvero poco convinta è l’avvio del romanzo: parte troppo in quarta il rapporto tra i due protagonisti, va da zero a cento sin dalle primissime pagine e mi è sembrato poco naturale.
Peccato perché poi, durante la narrazione, il loro legame cresce in modo spontaneo, diventa molto tenero in alcuni momenti pieni di confessioni intime e, sebbene ci siano grandi gesti che ho trovato un filo esagerati, il loro innamorarsi è stato incredibilmente dolce.
Forse la risoluzione è un po’ troppo semplicistica, ma mi sono chiesta: importa davvero? Ci sono così tanti buoni sentimenti in “Un fidanzato take-away” che va bene così. Il messaggio dell’autrice arriva forte e chiaro, ragionando intorno al concetto di famiglia, su quella in cui nasciamo che spesso è diversa da quella che ci sceglie, e l’amore viene celebrato in tantissime forme, anche attraverso il talento artistico e culinario.
Quindi sì, alla fine non importa perché per passare qualche pomeriggio in piacevole compagnia, “Un fidanzato take-away” è il romanzo ideale.