“Santa Maria” di Francesco Muzzopappa: GENIALE

Si può empatizzare con una riservata sessantenne che indossa sempre occhiali da sole? Certo, sembra un po’ schiva, però ci si può lavorare. Ma se quella donna fosse… la Morte? Be’, per come l’ha descritta Francesco Muzzopappa in “Santa Maria” (Solferino) la mia risposta è: assolutamente sì!

TRAMA – Maria dimostra circa sessant’anni, è innamorata e vuole andare in pensione: capita a molte. Ma il caso di Maria è un po’ particolare perché lei, come lavoro, fa la Morte. Sono miliardi di anni che programma trapassi – di qualsiasi cosa: esseri umani, piante, animali, intere specie – e che sia andata in burnout non è una gran sorpresa. Per l’INPS, però, è uno shock e l’unica risposta che riescono a inventarsi è che per sbrigare la sua pratica occorrerà un po’ di tempo. Un periodo che Maria decide di impiegare interagendo con il mondo e soprattutto con l’oggetto del suo desiderio, Antonio Panini, dove Panini non è il cognome ma l’insegna del furgoncino di street food di cui l’uomo è il felice e un po’ unto proprietario. Solo che l’amicizia, l’amore e figurarsi il sesso non sono semplici da gestire, se per migliaia di anni ti sei fatta i fatti tuoi. Maria scopre così che dagli alti e bassi delle relazioni umane non c’è salvezza, nemmeno in un apparentemente innocuo – e in realtà assai infido – gruppo di preghiera. E siccome tra i pregi di carattere della Morte non c’è la tolleranza, quando le cose si complicano – in amicizia, in amore, nelle relazioni con l’INPS – il suo modo di prendere in mano la situazione potrà non piacere a tutti.

Osservare il mondo da vicino mi avvilisce.
Più lo conosco, più non mi capacito dell’idiozia in cui è precipitato.

Che Francesco Muzzopappa fosse un autore originale lo sapevo già (come sapevo già che “originale” è un aggettivo che proprio non mi piace, ma tant’è, non sono riuscita a trovare di meglio per farvi capire al volo cosa volessi intendere, quindi perdonatemi). Ma con “Santa Maria” secondo me ha fatto un passo in avanti: è stato capace di mescolare l’assurdo con il plausibile, l’ironia a una spietata e lucidissima analisi del nostro presente.

Come si legge nella trama fornita dalla casa editrice, la morte, la signora Maria, dopo miliardi di anni di onorato servizio, in cui non ha fatto altro che lavorare senza mai una sbavatura, un ritardo, una finta richiesta di malattia, è andata in burnout.

Legittimo, direi. Più che plausibile, aggiungerei, con un lavoro del genere mi sorprende che non ci sia finita prima. E siccome la VOCE non risponde a nessuna delle sue domande o imprecazioni, a seconda dei casi, Maria decide di fare qualcosa di assolutamente spaventoso: vivere.

O meglio, vivere per davvero, in mezzo agli umani, leggendo i giornali, guardando la tv, dialogando con sue presunte coetanee e innamorandosi. E facendo domanda all’INPS per la pensione. Sì, lo so, qui si sfiora il terrificante.

Tra una battuta e un’altra, nel pieno stile dell’autore, in “Santa Maria” c’è spazio per riflessioni profonde che risaltano in tutta la loro spietata verità. Una tra tutte, il modo in cui la Morte pensa che gli uomini, nel corso dei secoli, le abbiano “alleggerito il lavoro”: “A fare il mio lavoro di Morte, le acque agitate, scafisti senza scrupoli e politici dell’aria cinica di varia estrazione che si presentano ai microfoni dei giornalisti scaricando ogni responsabilità in un processo ininterrotto di disumanità agghiacciante. (…) Un tempo si costruivano barche per scoprire altri mondi. Adesso si affondano gommoni per chiudersi nel proprio”.

Ci sono tanti passaggi in cui Francesco Muzzopappa ci restituisce la visione di Maria sul nostro presente, ed è difficile non concordare con lei. “Vedi se devo dare ragione alla Morte”, ho pensato. Eppure.

E io che mi sentivo squallida e cattiva: il genere umano non solo mi sta rubando il lavoro, ma ci guadagna pure sopra. Un motivo in più per mettermi in pensione.

Maria, però, in tutto questo caos, si innamora. Bello, direte voi. E pure io, all’inizio. Ma l’amore è un gran casino, e se ci si mettono in mezzo i pensieri sull’ESSE E ESSE ESSE O va a finire che è pure peggio. E sullo sfondo di una Roma che “è bella, ma è troppa” (Maria, non sai che delirio sia viverci), la Morte arriva a toccare una vulnerabilità mai sperimentata prima.

Santa Maria” termina con un finale che potrebbe essere un inizio. E io l’ho chiuso sorridendo, ma anche con qualche consapevolezza in più, e un paio di orecchie alle pagine, giusto per sapere subito dove andare a cercare. Il mio consiglio è quello di leggerlo, così come di recuperare anche gli altri libri di Francesco Muzzopappa!

Qui sul blog ho parlato di:
Dente per dente
Heidi
Un uomo a pezzi
L’inferno spiegato male
Sarò breve” 

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