“Half a soul” di Olivia Atwater: è diventato uno dei miei libri del cuore
“Half a soul” di Olivia Atwater (Rizzoli – La biblioteca di Daphne) è diventato uno dei miei libri preferiti. Non lo dico con leggerezza, ma con estrema serietà. E spero che possa illuminare il cuore di tantissimi lettori.
TRAMA – Da quando è stata maledetta da un fae che le ha rubato metà dell’anima, Theodora Ettings non sente più emozioni come paura o imbarazzo, cosa che la espone a ogni tipo di scandali involontari nella raffinata Inghilterra dell’epoca Regency. Per questo, l’unico obiettivo di Dora per la stagione mondana londinese è quello di non attirare l’attenzione e non compromettere le possibilità di sua cugina di trovare un marito. Ma quando Lord Elias Wilder, il Lord Sorcier d’Inghilterra, viene a sapere della sua condizione, Dora si trova trascinata in tumultuose vicende di maghi e creature fatate. Lord Elias è un uomo bellissimo, bizzarro e incredibilmente sgarbato, ma gira voce che compia tre prodigi inverosimili ogni giorno, ed è disposto ad aiutare Dora a recuperare la sua metà mancante. Se il buon nome di Dora riuscirà a sopravvivere sia alla maledizione che la tormenta che al nuovo legame con l’uomo meno amato di tutta l’alta società londinese, forse la ragazza potrà reclamare il suo legittimo posto nel mondo; ma quanto più tempo Dora passa con Elias, tanto più comincia a sospettare che, in fondo, per innamorarsi può bastare anche metà anima…
Mi è capitato spesso, qui, di raccontarvi quanto sia difficile per me parlarvi di un libro che mi è piaciuto molto. Si finisce per incappare in quell’emozione che è talmente personale e travolgente che non si riesce a trasformarla in parole, e ogni volta che si tenta di farlo sembrano sempre così povere e prive di impatto se paragonate a ciò che si prova nel cuore.
Con gli amici che hanno gusti di lettura affini è più facile costringerli (sì, be’, è così, è inutile fare finta che non lo sia) a comprare/leggere/amare quel romanzo, per poi imbastire chiacchierate fiume o mandare vocali simili a podcast. Ma con gli altri?
Come si fa ad andare oltre quel: “Non hai capito, devi leggerlo”? Non è facile, perché sembra di non rendere mai giustizia al romanzo che si è tanto amato e che ci ha trasportato lontano e allo stesso tempo incredibilmente vicino a quelle emozioni che spesso sentiamo ma che non sappiamo descrivere.
Mi è successo questo con “Half a soul” e con Dora. Ha usato le parole che a me sono sempre mancate per raccontare come spesso mi sono sentita, sia rispetto agli altri che in mezzo alla gente.
Credo che il fulcro più significativo, dal punto di vista della scrittura, sia proprio il modo in cui Olivia Atwater sia riuscita a maneggiare le emozioni. Sono state scandagliate attraverso un incredibile lavoro sull’uso delle parole, attenzionando ogni lieve sfumatura, di quelle che riescono trasformare un sentimento in un altro, simile, vicino, ma comunque differente.
Dora vive nel mondo con metà anima e quindi è necessariamente “diversa” dagli altri. Lo è nelle misura in cui teme di rovinare tutto non riuscendosi a comportare in modo “normale”, di non riuscire a imbastire una conversazione senza risultare inopportuna, di creare un danno alla sua amata cugina Vanessa. In pratica, Dora è “diversa” agli occhi di chi è solo capace di giudicarla, di soppesarla, di valutarla, prima ancora di conoscerla.
Per questo l’amicizia prima, e l’amore poi sono la vera salvezza anche in “Half a soul“. Perché consentono di guardare oltre, di leggere il cuore senza pregiudizi, di notare la bellezza nelle imperfezioni. Essere amati ci rende finalmente visibili, e il percorso che condurrà Dora alla piena conoscenza di sé è semplicemente magico.
E non ho usato questo aggettivo a caso dato che Lord Elias Wilder è un potente mago. Che dire di Elias? Da dove cominciare a descriverlo? Non credo di esserne capace. Non credo di riuscire a raccontarvi quanto il suo sguardo su Doria e le sue parole mi abbiano fatto aumentare i battiti del cuore; quanto la sua generosità, la sua passione, mi abbiano travolta in alcuni momenti della storia; quanto la sua disperazione abbia fatto presa su di me.
Posso dirvi quanto Dora ed Elias mi abbiano fatto ridere con i loro battibecchi, e che non credo di aver mai letto di due anime davvero così affini, anche se una delle due è “solo” a metà.
Allo stesso modo, raramente ho incontrato, tra le pagine dei romanzi che ho letto, un personaggio odioso come la zia Frances. La sua totale mancanza di empatia, di buon cuore, le sue parole affilati e inutilmente malvagie, le hanno conferito un primato in quanto a sgradevolezza.
Ma a colpirmi è stato soprattutto il modo in cui Dora incassa quelle offese. Non perché non riesce a “sentirle” come farebbe chiunque altro, ma perché l’autrice è riuscita a descrivere una emozione che ho trovato fin troppo familiare: “Non si sentiva scossa, né offesa, né sul punto di scoppiare in lacrime. Una piccola parte di lei, però, nei recessi più profondi del suo cuore, aggiunse quel commento a una nutrita pila di altri commenti simili”.
Torna spesso, Doria, su quella catasta di parole brutte che ha dentro di sé e questo aspetto di “Half a soul” mi ha dato molto su cui riflettere. Mi sono interrogata sulla mia pila di insulti, su quanto sia alta e su quanto abbiano ancora potere su di me persino quelli posti alla base. Ma da Dora ho imparato che, sebbene facciano parte di me, non saranno certo loro a definirmi o a orientare le mie azioni.
Potrei dirvi ancora moltissimo su “Half a soul“. Mi è piaciuto il modo in cui vengono trattari anche gli aspetti più miserabili dell’epoca (mi ha ricordato molto, da questo punto di vista, “Una ragazza d’altri tempi” di Felicia Kingsley); ho adorato le parti più romantiche così come quelle più dolorose; mi sono divertita e le pagine sono finite prima ancora che mi rendessi conto che non ero pronta a lasciare i personaggi.
Se proprio però devo essere del tutto onesta, l’unica parte che mi ha convinta meno è la risoluzione finale, la classica “battaglia contro il male”, che ho trovato un po’ troppo frettolosa. Ammetto anche di aver riletto alcuni paragrafi più di una volta perché non avevo capito bene le dinamiche, e su una in particolare conservo ancora dei dubbi, ma, posso essere sincera? Pesa davvero molto poco nella valutazione complessiva e rispetto all’amore che ho provato verso questo romanzo.
Sono grata a Dora perché, avendo aperto il suo cuore, ha scaldato qualcosa dentro il mio. Se non è questa una vera magia…