“Fino alla fine” di Helga Flatland: dolorosamente autentico
“Fino alla fine” di Helga Flatland (Fazi) è un romanzo toccante, lucido nel suo essere autentico.
TRAMA – Sigrid, dottoressa quarantenne, vive a Oslo con i figli e il secondo marito, insieme al quale ha abbandonato il paesino di campagna dove è cresciuta, lasciandosi alle spalle un carico di ricordi difficile da sostenere. La nuova serenità che ha conquistato è però solo apparente. Sigrid è infatti segretamente gelosa del rapporto che la figlia maggiore sta instaurando con il padre, il suo primo marito ricomparso da poco e forse mai dimenticato. E poi c’è la madre, Anne, ormai quasi settantenne, fiera e indipendente. Il rapporto con lei è teso, lo è sempre stato: Sigrid sta ancora aspettando che l’anziana donna faccia ammenda per aver trascurato lei e suo fratello fin dalla tenera età, dedicando tutte le sue attenzioni al marito invalido. Sono trascorsi decenni, ma il tempo non ha lenito il dolore, le due donne sono entrambe troppo prese da se stesse e una riconciliazione vera e propria non c’è mai stata. Quando ad Anne viene diagnosticata una malattia terminale, Sigrid deve riconsiderare ogni cosa. La vita della madre sta precipitando verso una fine inaspettata e prematura, e la delicatezza del momento fa sì che tutti i problemi, mai risolti, soltanto taciuti, tutti i silenzi forzati e le recriminazioni tornino a farsi sentire prepotentemente.
Ritengo che per uno scrittore la prova più grande sia raccontare le dinamiche familiari. Le relazioni sono sempre un groviglio di sentimenti, di parole taciute, di emozioni soffocate o esternate malamente, e quando in letteratura ci si imbatte in quelle costituenti, come lo è ad esempio quella madre/figlia, il rischio di leggere pagine artificiose è sempre dietro l’angolo.
Quelle di Helga Flatland in “Fino alla fine” sono, invece, estremamente lucide, autentiche.
L’autrice ci presenta la storia alternando i punti di vista di Sigrid e di Anne. La prima persona le consente di sondare al meglio le dinamiche tra le due, soprattutto i non detti. I loro pensieri spesso ci raccontano come avrebbero voluto agire o cosa si aspettano dall’altra, e mettono in luce tutto il loro risentimento, oppure l’incapacità di agire.
Ma la narrazione poi si allarga, e include altre relazioni. Quella di Sigrid con la figlia Mia, con il suo attuale compagno e con il padre di Mia, quella con una sua paziente. E Anne deve fare i conti con il marito, malato da fin troppo tempo, e con l’altro suo figlio. Non sarà difficile, per il lettore, prendere posizione, schierarsi, provare simpatie e antipatie. Io, ad esempio, ho fatto fatica a digerire Sigrid, il suo egoismo, la sua incostanza, il suo pretendere.
Ma Helga Flatland non voleva certo consegnarmi un personaggio “comodo”, altrimenti la narrazione non avrebbe retto. La forza di un romanzo come “Fino alla fine” sta proprio in questo, nel non cercare scappatoie, nell’essere presente dentro il momento in modo che se ne capiscano a fondo le dinamiche, anche se possono risultare sgradevoli.
E poi, un libro così ti costringe a farti delle domande, il che è sempre stimolante e spaventoso insieme.
Il romanzo diventa sempre più interessante, capitolo dopo capitolo, e alla fine non mancano i momenti intensi. Non mi aspettavo di rimanerne così coinvolta, è stata una sorpresa molto piacevole.