“Estate caldissima” di Gabriella Dal Lago: un libro che lascia il segno
“Estate caldissima” di Gabriella Dal Lago (66thand2nd) è uno di quei libri che lasciano il segno. Uno di quelli a cui ritornare, a cui pensare, a cui affezionarsi. Uno di quei libri che occupano un posto speciale.
TRAMA – L’estate più calda degli ultimi duecento anni, la città stanca che soccombe sotto il peso dell’afa, il lavoro che non si può fermare e preme con le sue scadenze. Sette adulti, un bambino e una gatta si rifugiano in una casa di campagna, dove le temperature sono più clementi. Gli adulti non sono parenti né davvero amici, lavorano insieme da Bomba Agency, un’agenzia di comunicazione, e devono portare a termine una presentazione per un cliente. Una settimana sola. Tutti insieme. Lontani dal mondo. «Come il Decameron, ma senza la peste». Alla casa però ognuno di loro arriva con un carico pesante, fatto di ambizioni, ansie, speranze, paure. La lunga estate caldissima porta tutto all’estremo, potenzia ogni sensazione e sentimento, accrescendo l’incertezza di relazioni sul punto di andare a rotoli – quelle tra i fuggitivi così come, osservando la casa da un’altra distanza, quella tra gli esseri umani e il pianeta. In questo coinvolgente romanzo corale, Gabriella Dal Lago ci guida in un mondo dove ognuno sta sulla soglia, in bilico, a immaginare un futuro ancora non scritto, e del tutto incerto.
Tutti questi esseri umani hanno un nucleo di dolore che vorrebbero disperatamente dare in pasto al mondo, ma si chiedono se senza quello, senza quella palla infuocata che custodiscono in mezzo al petto, sono ancora qualcosa che valga la pena raccontare.
A volte capita di trovare dei libri che ti chiedono uno sforzo in più. Che stanno lì a dirti che non puoi essere un lettore distratto, senza una matita, dei post-it, senza un’amica a cui mandare una citazione che lei sa come collegare ai pezzi di te che conosce a memoria.
Ci sono scritture che necessitano una lettura ancora più attenta, che pungolano di proposito, alzando le spalle come a dire: “Non è più un problema mio, adesso è tuo”. Be’, sì, adesso è mio. Nella misura in cui parlare di un libro come “Estate caldissima” è impossibile perché sarebbe solo un girarci attorno, una smania che non rende l’idea.
Perché hai smarrito parti di te nei personaggi di cui si narra e sei confusa, incerta su cosa dire e cosa celare, incapace di capire come rimetterti insieme perché hai perso la foto che danno in allegato con l’immagine da riprodurre.
La cosa più paradossale: trovare straniante la propria quotidianità. Come un lampo di consapevolezza estrema che si deve cacciare via per non sprofondare nell’angoscia che tutto questo non abbia senso.
Un libro come “Estate caldissima” non ha bisogno di aggrapparsi a una trama per sentirsi saldo. Ha una struttura narrativa che alterna salti e interruzioni, un ritmo disomogeneo che si muove tra un precipitare e un prendersela con calma. È composto da istanti pericolosamente vividi, da fragilità fin troppo riconoscibili, da immagini così luminose da costringere a voltare la testa.
Ma porta con sé una storia, o delle storie, nella misura in cui tutti i personaggi del racconto fanno mostra di sé. Sette adulti, un bambino, una gatta, una casa. Vite che si intrecciano per un breve tratto, prima che altri tasselli si aggiungano. Per dare senso, per creare scompiglio, per tracciare un linea oppure per scrivere la parola fine.
In “Estate caldissima” c’è un narratore che spiega, che si mette al fianco del lettore per indicargli dove guardare, che intercala frammenti di passato e diapositive di futuro [tra parentesi quadre] in mezzo a un presente passato al setaccio.
Un narratore che indica su quali particolare soffermarsi, per poi, di colpo, sottrarsi, non esplicitare, non continuare sebbene sembrerebbe necessario. Oppure no. Lascia il lettore a bocca aperta mente ammette “cosa pensa, non lo sappiamo”, e porta a chiedersi se è vero, o se è un gioco, o se è davvero importante, alla fine.
Un narratore che viviseziona le emozione e i pensieri dei personaggi, e allo stesso tempo scava in profondità nel lettore, il quale non capisce bene quando ha smesso di essere “dall’altra parte”, finendo per trovarsi (o perdersi) tra le pagine del libro.
“Estate caldissima” è un romanzo che mette alla prova. Che interroga, che mortifica, che esalta, che spiega, che sottolinea, che rimarca, che incalza. Ci sono momenti in cui cade precipitosamente, avanza senza guardare, investendo ogni cosa che trova al suo passaggio, incurante.
E altri in cui elabora, si prende il tempo, scioglie nodi, cura le ferite.
Come si riesce a scrivere un romanzo capace di così tanto in così poche pagine? Come si può dare forma a pensieri che, senza dubbio, la maggior parte di noi, tiene celati così in fondo da non volerli ammettere nemmeno al buio? Non lo so, ma forse il talento non va spiegato.
Gabriella Dal Lago mi ha mostrato cosa significa dare una forma a ciò che ritenevo si potesse solo percepire. Le sue parole rientrano tra quelle a cui fare ritorno, per rimettersi sui binari oppure per deragliare.
Assolutamente da leggere.