“È così che si muore” di Giuliano Pasini: un giallo godibile
“È così che si muore” di Giuliano Pasini (Piemme) è un romanzo giallo godibile, anche se non si è letto il precedente dell’autore come nel mio caso.
TRAMA – Sono passati dieci anni dall’ultima volta che il commissario Roberto Serra ha dovuto seguire un’indagine a Case Rosse, borgo di mille anime arroccato sull’Appennino emiliano in cui ha avuto luogo uno dei crimini più brutali della sua carriera. Ha chiesto lui di essere assegnato di nuovo a quel minuscolo commissariato tra le montagne e i campi, perché lì pensava di poter sfuggire ai fantasmi che accompagnano le sue notti e provare a rimettere insieme i pezzi della sua vita. È un giorno di maggio uguale a tanti altri quando viene chiamato nella frazione di Ca’ di Sotto per un incendio. Il cadavere di Eros Bagnaroli, detto il Burdigòn, lo scarafaggio, viene ritrovato carbonizzato in quel che resta della sua casa, ma sul suo corpo ci sono ferite che nessun fuoco è in grado di provocare: è stato sgozzato, come si fa da quelle parti col maiale. Inizia così la seconda indagine di Serra a Case Rosse, e un muro invalicabile di omertà sembra di nuovo circondarlo, mentre la Danza, il suo male oscuro, gli crolla addosso quando meno se lo aspetta. Questa volta, però, non è solo. Al suo fianco c’è l’esuberante, rissosa e fragilissima Rubina Tonelli, anche lei con la sua parte di fantasmi e cicatrici. Per entrambi, cercare la verità sarà un modo per salvarsi. O per condannarsi definitivamente.
Quando i cadaveri hanno un nome, tornano persone. Con una storia, dei legami, un passato. Un presente in cui qualcuno ha voluto la loro morte.
C’è un piccolo borgo dell’Appennino emiliano, un commissario con un passato irrisolto e un presente da aggiustare, e un omicidio che scuote un’apparente calma.
“È così che si muore” di Giuliano Pasini è un giallo con tutti gli ingredienti che ci si aspetta di trovare dentro. Non un thriller efferato con momenti di alta tensione, sebbene la narrazione proceda serrata e con continui tagli e cambi di inquadratura come in una serie tv, ma una classica indagine che procede su due binari: inseguire un assassino e i fantasmi nascosti nel buio di una memoria fallace.
E, perché no, magari aprire un nuovo spiraglio in vista del prossimo romanzo con protagonista Roberto Serra.
Sebbene quindi io non abbia rintracciato nulla di spiccatamente originale tre le pagine di “È così che si muore” per quanto riguarda la struttura narrativa e la costruzione della trama, mi sono piaciute molto sia la scrittura dell’autore che la caratterizzazione dei personaggi.
Giuliano Pasini ha una scrittura che coinvolge i sensi. Si fa tattile, se ne sente il sapore sulla lingua. Sono chiamati in causa anche l’olfatto e l’udito, e quel suo modo di descrivere permea il lettore che smette di usare solo la vista per entrare nella storia e nell’ambientazione, che gli piaccia o no.
La donna cade in ginocchio, e attorno a lei tutti si allontanano di un passo. Il dolore genera riguardo e repulsione in egual misura.
Pasini fornisce al lettore piccoli dettagli in modo costante e continuo che creano coinvolgimento ed empatia, e rendono la lettura più appassionante. E lo stesso fanno le descrizioni dei personaggi, che risultano ben tratteggiati nonostante si abbia sempre la sensazione di conoscere così poco di loro.
Serra resta spiazzato. Rubina è stata una palla al piede sin da quando è arrivata, ma anche lei potrebbe essere vittima di qualcosa o qualcuno. O di se stessa. Chi non lo è?
Mi è piaciuta Rubina, forse un pizzico più di Serra. Magari è stato perché sta leggendo “Cose preziose” e le piace mangiare. O perché è schietta, specie con se stessa, e ciò che non sa di lei lo grida a gran voce, tanto che è impossibile ignorarlo.
O forse mi piace perché di Roberto Serra mi è capitato di incontrarne durante le mie letture, di Rubina Tonelli, no. E sono certa che il commissario sia d’accordo con me. E magari anche l’autore.
Chissà cosa combineranno durante la loro prossima indagine…