“Io uccido” di Giorgio Faletti: mi è piaciuto a metà
“Io uccido” di Giorgio Faletti è uno di quei romanzi che dividono. C’è, e l’ho potuto constatare dai messaggi che mi sono arrivati su Instagram, chi l’ha amato molto e chi, invece, ha storto il naso quando ho condiviso che lo stavo leggendo.
Mi è piaciuto? A metà.
La scrittura di Faletti non mi è dispiaciuta, ma credo anche che in certi momenti si perda un po’ troppo, e che si inerpichi alla ricerca di una formalità di tono e di stile che stride con il genere narrato. Credo che un thriller di questo tipo, specie se ha la pretesa di essere così ricco di eventi e personaggi, debba tenere sempre alto il ritmo, non debba prendersi troppe “pause”, per così dire, mentre Faletti spesso si abbandona in un contorno dilatato, a volte troppo formale, finendo per essere troppo prolisso.
Devo dire che da questo punto di vista Diego Ribon, che legge “Io uccido” su Audible ha reso perfettamente lo stile dell’autore. Anche lui ha una cadenza dilatata, a volte, passatemi il termine, sembra quasi svogliata, un po’ impigrita, davvero in linea con il modo in cui Faletti tesse la sua narrazione.
Ma credetemi se vi dico che Diego Ribon non è mai noioso, anzi. Il suo modo di scandire e articolare le parole è stato indispensabile per non perdere mai il filo, e poi credo che la sua voce sia perfetta da associare a Frank Ottobre, l’agente dell’FBI che si trova invischiato nella storia narrata in “Io uccido”.
Per quanto riguarda la trama, molte volte mi sono ritrovata a pensare: “Ora succede questo”, e puntualmente si è verificato. E non perché io abbia la palla di vetro, ma perché alcune scene, o per meglio dire, alcuni “colpi di scena”, erano abbastanza prevedibili. Purtroppo, lasciare di stucco un lettore forte di gialli e thriller è davvero arduo.
Solo verso il finale ho avuto una piacevole sorpresa. Di norma, l’epico scontro finale tra bene e male si svolge secondo le più note modalità, mentre qui Faletti ha introdotto un elemento che scompiglia le carte, che sposta l’attenzione, e che pone la parola fine in un modo inconsueto.
C’è chi ha apprezzato molto il modo in cui l’autore di “Io uccido” riesca a entrare tra le pieghe emotive dei (tanti) personaggi che incontriamo lungo la narrazione. Da parte mia, se in alcuni casi ho apprezzato le descrizioni più dettagliate, in altri, come dicevo prima, le ho trovate troppo lunghe, in alcuni casi ridondanti.
Ero curiosa di leggere il tanto discusso romanzo di Giorgio Faletti e sono contenta di averlo fatto, anche per poter dire la mia. Ma non credo che continuerò con gli altri suoi romanzi.