“Niente di vero” di Veronica Raimo: come raccontare una vita?
Ci siamo mai chiesti da che parte inizieremmo a raccontare la nostra storia? Ci siamo mai domandati quanto riusciremmo a essere sinceri? Che poi è pure buffo, a ben pensarci.
Perché nell’etimologia della parola “sincero”, quel “sine” vuole dire “senza”, il che implicherebbe che dovremmo esporci “senza” qualcosa, privandoci, togliendo.
Ma mostrarsi non vuol dire l’esatto contrario? Sì, e ce lo spiega benissimo Veronica Raimo nel suo nuovo romanzo, “Niente di vero” (Einaudi), nel quale si racconta “con”, riempiendo le pagine di ironia, tormenti, salti temporali, sfaldamenti, andate e ritorni, false partenze, false piste, pigrizia, cambiamento.
Parole che raccontano con onestà disarmante – di quelle che quasi imbarazzano – istantanee di un percorso mai pianeggiante, una serie di tornanti che spaventano e allo stesso tempo incantano, un andirivieni di personaggi con i quali si scenderà a patti, nonostante tutto.
“I miei rari tentativi di essere sincera con lei non sono mai presi sul serio, bensì guardati con un misto di sospetto e compassione”, ci dice subito la protagonista, raccontando il rapporto con la madre. E ancora: “Nella mia famiglia ognuno ha il proprio modo di sabotare la memoria per tornaconto personale. Abbiamo sempre manipolato la verità come se fosse un esercizio di stile, l’espressione più completa della nostra identità”.
Ed è qui che entra in gioco il titolo, quel “Niente di vero” di cui probabilmente, una volta iniziata la lettura, ci si dimentica, per poi capitolare nell’ammettere che eravamo già stati avvisati.
Perché se è un continuo rimando a quei “senza” e ai rispettivi “con”, “Niente di vero” è anche un’altalena emotiva tra finzione e realtà, una nebulosa di ricordi che diventano (ri)scrittura, un modo per (ri)ordinare i pensieri, un espediente per (ri)mescolare le carte.
“La maggior parte dei ricordi ci abbandona senza che nemmeno ce ne accorgiamo; per quanto riguarda i restanti, siamo noi a rifilarli di nascosto, a spacciarli in giro, a promuoverli con zelo, venditori porta a porta, imbonitori in cerca di qualcuno da abbindolare che si abboni alla nostra storia. Scontata, a metà prezzo”.
La protagonista del romanzo ha una personalità ben delineata sin dalle prime battute. Si evince il suo carattere schietto, diretto, la sua autoironia. La sua voce è chiarissima e interpretarla non era compito facile.
Ci è riuscita perfettamente, però, Cristina Pellegrino che ha letto “Niente di vero” per Audible, riuscendo a vestire bene i suoi panni.
Non era impresa semplice, essere credibile e allo stesso tempo catturare l’attenzione dell’ascoltatore come riesce a fare con le parole Veronica Raimo, ma Cristina Pellegrino mi ha incantata per il modo in cui ha saputo dare peso alle parole, consistenza. Nel suo scandirle con cura, ne ha preso le misure, finendo anche per aggiungere un pizzico di colore personale alla narrazione.
“Non ho mai avuto un’immagine di me nel futuro che non fosse del tutto velleitaria. Le velleità di solito servono a ingannare se stessi, mentre io volevo ingannare gli altri”, scrive Veronica Raimo sul finale. E, se inganno è stato, va bene uguale. Preferisco essere ingannata in questo modo, piuttosto che rimanere del tutto indifferente.
A me è piaciuto tanto: l’ho trovato pungente al punto giusto, senza mai sbrodolare o esagerare.