“Filosofia dell’incontro” di Charles Pépin: illuminante
Io mi auguro che la parola “filosofia” nel titolo di questo libro non vi scoraggi, e non vi faccia desistere dal leggerlo, perché “Filosofia dell’incontro” di Charles Pépin (Garzanti) è, oggi più che mai, un libro necessario.
Perché, come recita il sottotitolo, l’incontro è davvero un gesto ormai “dimenticato”, e quello che ci stiamo perdendo, prima di tutto, è la scoperta di noi stessi.
TRAMA – È impossibile vivere pienamente le nostre esistenze facendo a meno degli altri: che siano essi amici, colleghi, famigliari, siamo infatti mossi naturalmente verso il prossimo con uno slancio e una necessità tali da darci ogni volta l’impressione di poter rinascere. Ma quali sono le caratteristiche di un vero incontro e a quali condizioni possiamo farne tesoro? Come possiamo liberarci dalle catene dei nostri pregiudizi, superare la paura di perdere il controllo e fidarci del prossimo? Passando abilmente da Platone a David Bowie, da Hegel a Picasso, da Voltaire a Mick Jagger e Paul McCartney, il filosofo francese Charles Pépin mobilita le grandi figure del passato facendole dialogare con esempi delle moderne vite iperconnesse, e in un libro profondo e persuasivo ci aiuta a mantenere viva la speranza in sempre nuove possibilità, mostrandoci anche che ogni incontro può rappresentare allo stesso tempo la scoperta di un nuovo mondo e la riscoperta di noi stessi.
“Ecco, dunque, la grande lezione del XX secolo nel campo della filosofia: la via più breve per raggiungere se stessi passa attraverso gli altri”.
Ho trovato “Filosofia dell’incontro” semplicemente illuminante. L’idea di base, viene declinata lungo tutto il libro: “Ho bisogno dell’altro, di incontrare l’altro per incontrare me stesso. Devo incontrare ciò che non sono per diventare ciò che sono”.
Un concetto che sembra disarmante nella sua semplicità ma che presuppone una serie di precondizioni – “uscire di casa/da sé, rendersi disponibili, togliersi la maschera, avere fiducia nell’incerto” – che ci stanno lentamente abbandonando, vuoi per il paradigma nel quale siamo immersi, sia perché abbiamo perso la capacità di aprirci per davvero a chi è diverso da noi.
Charles Pépin ci declina le dinamiche dell’incontro raccontandoci alcuni rapporti professionali, sentimentali, grandi amicizie e passioni travolgenti, portandoci anche l’esempio di film celebri come I ponti di Madison County o La vita di Adele.
Un viaggio alla scoperta dell’incontro, dell’inaspettato e dell’inatteso, che invita il lettore continuamente a riflettere sulle sue abitudini, sui suoi comportamenti e su ciò che si sta perdendo.
“Incontrare qualcuno significa uscire da noi stessi, sottrarci alla nostra posizione di soggetti egocentrici per aprirci alla prospettiva dell’altro”.
Non manca una riflessione sul momento attuale, sull’essere sempre connessi, schiavi di una rappresentazione che non è la verità. Curvi sui nostri dispositivi non facciamo più caso nemmeno a chi ci sta intorno, “lo spazio che lasciamo a un possibile incontro si restringe”.
Ma, allo stesso tempo, l’autore non può che non contestualizzare la sua riflessione rispetto a tutto quello che è successo negli ultimi due anni, e capire quanto i social abbiano giocato un ruolo significativo: “Siamo reduci da un isolamento che ci ha costretti a reinventare le nostre relazioni con gli altri. Abbiamo dovuto mostrarci inventivi per non spezzare i legami, e le nuove tecnologie si sono rivelate strumenti molto utili in questo particolare contesto”.
Ho sottolineato moltissime parti di “Filosofia dell’incontro“, e credo che possa essere un libro davvero alla portata di tutti. Sì, ci sono riferimenti a filosofi come Platone ed Hegel, ma questo non deve scoraggiare nessuno, perché l’autore non ci consegna citazioni e rimandi senza alcun appiglio, anzi. Fornisce sempre la sua interpretazione, attraverso frasi chiari e puntuali, facendo confronti ed esempi che rendono ancora più fruibile il concetto espresso.
Ci tengo a sottolinearlo perché spesso si ha “paura” nell’avvicinarsi a un libro così, la parola “filosofia” sembra rimandare a qualcosa di “troppo complicato”, mentre il risultato potrebbe solo sorprenderci.
Spero di fare tesoro delle parole di Charles Pépin e che il suo messaggio arrivi a tanti lettori. A chiunque di noi è ancora in viaggio alla scoperta di sé.