“Sonata d’inverno” di Dorothy Edwards: immobile e quieto
“Sonata d’inverno” di Dorothy Edwards (Fazi) è come una lunga poesia sulla condizione umana, sulle relazioni e su come certi momenti della vita ci rendano inermi, in attesa.
TRAMA – In un piccolo villaggio della campagna inglese che sa di Jane Austen quanto di Čechov, mentre l’inverno imbianca il paesaggio si dipanano le vicende sentimentali e sociali di una piccola comunità: due sorelle corteggiate a intermittenza, un cugino che non sa cosa fare di sé, una ragazzina ribelle che cerca di evadere da un contesto familiare soffocante, e il forestiero Arnold Nettle, giovane e cagionevole musicista trasferitosi in campagna per fuggire l’inverno cittadino. Le lunghe serate trascorrono tra goffe conversazioni ed esibizioni musicali che sono le sole ad animare la calma che avvolge il paese. Tutti, in cuor loro, aspirano a qualche indefinito mutamento, sperano in un attimo epifanico che possa imprimere alla vita un corso più deciso, ma la voce dei protagonisti rimane in gola, così come il rumore dei passi si perde nel silenzio ovattato dell’inverno.
“Tutto era immobile; niente incrinava la rigida quiete dell’inverno. L’orologio del campanile batteva le ore, ma sembrava che la notte rimanesse ferma”. È questa la continua sensazione a cui rimanda “Sonata d’inverno“: una stasi che non si modifica, una condizione di immobilità che permane e permea tutti i protagonisti del racconto.
C’è, però, chi si adagia, facendosi cullare; e chi smania e scalpita, fremente: “C’è, inoltre, qualcosa di piuttosto sgradevole nell’inverno; è freddo e gelido e tutto pare immobile, e tuttavia si ha l’impressione che nulla resti quieto”.
Il clima influisce sulle persone che gravitano in questa piccola comunità, compiendo sempre gli stessi gesti, passeggiando lungo le stesse strade, instaurando conversazioni che raramente portano a qualcosa.
“Le persone si aggiravano come ombre grigie nella pioggia”, si legge in un passo, a indicare una via di mezzo che non riesce a conferire colore, o guizzi di vivacità.
Le situazioni tendono a ripetersi, senza un’evoluzione, indicando una solitudine sempre maggiore dei protagonisti, i quali, anche nei momenti conviviali, tendono a perdersi ognuno nei propri pensieri, che spesso rimangono nascosti anche agli occhi del lettore.
Sembra esserci in “Sonata d’inverno” una continua tensione verso un cambiamento che pare non giungere mai, in un eterno inverno nei quali giorno e notte si alternano senza “quasi farsi notare”.
Ognuno dei personaggi anela qualcosa, anche se spesso non sanno essere nemmeno sinceri nei loro stessi confronti, confondendo sentimenti, aspirazioni, sogni.
E poi, solo verso la fine, arriva un lampo di speranza. I fiorellini indicano che sta arrivando la primavera, sinonimo di rinascita, di rinnovamento. Cosa succedere con il cambio di stagione? Finita la pioggia, cosa rimarrà?
Dorothy Edwards non ce lo racconta, lasciandoci sospesi, da soli a compiere il prossimo passo verso ciò che non conosciamo. Ma a cui, più o meno segretamente, aspiriamo.