“Le stanze buie” di Francesca Diotallevi: magnetico

Dopo aver amato “Dai tuoi occhi solamente“, torno a leggere la talentuosa Francesca Diotallevi con “Le stanze buie” (Neri Pozza): uno di quei romanzi che non puoi mettere giù.

TRAMA – Si possono coltivare le passioni in un tempo ingeneroso? Qualcosa di torbido e inesprimibile affiora alla superficie di questo romanzo. Ed è indefinito, difficilmente afferrabile eppure persistente, come il profumo che porta addosso Lucilla Flores, protagonista di questa storia fosca e al tempo stesso delicata e malinconica. Francesca Diotallevi, con una capacità di raccontare fuori dal comune, ci porta in una piccola provincia del Piemonte della seconda metà dell’Ottocento, dentro la casa di un aristocratico dedito a vigneti e poco d’altro. Dove la servitù inganna il tempo di un lavoro sempre uguale con qualche ingenuo pettegolezzo, e dove arriva a servizio un maggiordomo che prende il posto del vecchio zio appena scomparso. Ma nessun dio oscuro e severo sarebbe stato capace di tanto dolore e di tanta ingiustizia: verso una bimba innocente, e verso la moglie del conte, Lucilla, una donna con il volto «velato di oscurità», smarrita dentro un segreto che non le si addice, che non dovrebbe appartenerle, lei, la creatura più lieve, sospesa e innocente che si possa immaginare.

“Fu lei che mi insegnò a leggere e scrivere, diceva che saperlo fare mi avrebbe aperto ogni porta… Chi avrebbe mai immaginato che avrei passato il resto della vita a difenderne una chiusa, di porta?”

Come descrivere la scrittura di Francesca Diotallevi? Gli aggettivi magnetica, ipnotica, ammaliatrice, basterebbero solo per cominciare.

Quando si inizia un suo romanzo, difficilmente si riesce a posarlo. Con “Le stanze buie” vi risulterà quasi impossibile.

Perché i passi che compirete sin dalle prime pagine vi lasceranno intendere che c’è molto da scoprire, tanto da fraintendere, parecchio che vi lascerà di stucco.

Gli spettri vivono dentro di noi.
Gli spettri, talvolta, siamo noi. 

Seguirete Vittorio, uomo serio e onesto, che accetterà le ultime volontà di uno zio che non aveva mai nemmeno visto, finendo in una casa che nasconde tante verità.

Di quelle difficili da immaginare, figuriamoci da accettare.

Della trama del romanzo, in pratica non posso dirvi nulla. Gli eventi sono talmente intrecciati, mentre si fanno portatori di menzogne e verità taciute, che anche solo accennare qualcosa rischierebbe di darvi delle ancitipazioni. E io desidero lasciarvi il piacere di scoprire da soli ogni cosa.

In “Le stanze buie” lento e inesorabile è il cambiamento di Vittorio, tratteggiato con cura nel descrivere quel mutare di gesti quotidiani, oltre che scavando nelle pieghe di sentimenti che non credeva potessero appartenergli.

È un personaggio che mi ha colpita molto, per il travaglio interiore che si è ritrovato a gestire, per i suoi modi composti, per la capacità di trovare le parole giuste, di essere presenza silenziosa ma confortevole. Per aver sempre fatto i conti con se stesso. Per non aver indurito il cuore.

Sarebbe stato fin troppo semplice empatizzare con Lucilla, ma per me la vera rilevazione del romanzo rimane quel maggiordomo che, mosso da un impulso che comprenderà solo anni dopo, ha acquistato un carillon.

Francesca Diotallevi tesse una trama ricca di tensione emotiva, in un susseguirsi di confidenze ed eventi che vi terranno davvero con il fiato sospeso. Ogni piccolo tassello viene inserito con grazia e padronanza della storia, in modo che il lettore venga incuriosito e diventi smanioso di sapere.

Alla fine, la commozione arriva. Si fa ricarico di tutto quello che ha accumulato lungo la strada, rompendo gli argini davanti a una comprensione totale della storia. E, ancora una volta, Vittorio sorprende, stupisce e crea un legame profondo con il lettore.

Un legame indimenticabile.

Un pensiero riguardo ““Le stanze buie” di Francesca Diotallevi: magnetico

  • 28 Ottobre 2021 in 5:39 pm
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    Seguo ogni tua recensione che mi accende sempre un grande desiderio, che si fa quasi impulso, di leggere quel libro. Proprio quello che è successo anche questa volta.

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