“La stagione dei ragni” di Barbara Baraldi: molto bello
“La stagione dei ragni” è il nuovo romanzo di Barbara Baraldi (Giunti) che torna in libreria con un nuovo personaggio, che già nel primo volume di questa serie si è rivelato il tutta la sua umanità: il sostituto procuratore Francesco Scalviati.
TRAMA – È una notte d’estate del 1988, e a Torino si verifica un evento inspiegabile: il ponte Vittorio Emanuele I è completamente invaso da colonie di ragni, con lunghissime ragnatele sul parapetto che porta al santuario della Grande Madre. Quasi un prodigio, che attirerà decine di curiosi. Intanto il sostituto procuratore Francesco Scalviati si trova dalle parti del Pian del Lot, sulla scena di un crimine: una coppia di fidanzati uccisi in macchina in un luogo solitario. È il terzo, feroce omicidio che sembra imputabile alla stessa mano. Un caso cruciale e insidioso per il magistrato, in un momento particolarmente delicato della sua vita, visto che sta per diventare padre. Tra i presenti sulla scena c’è anche Leda De Almeida, giornalista investigativa con un passato traumatico in Libano, che Scalviati tenta di dissuadere dall’intraprendere un’indagine autonoma che potrebbe rivelarsi pericolosa. Ma a dare una svolta imprevista agli eventi sarà l’arrivo di Isaak Stoner, giovane e arrogante analista dell’FBI, che offre a Scalviati i nuovi potenti strumenti della criminologia, come il profiling e la teoria degli omicidi “seriali”, ancora sconosciuti in Italia. Seppur affascinato da queste idee innovative, Scalviati non riesce a fidarsi completamente del collega americano, convinto che nasconda un segreto. Nel frattempo, si avvicina il giorno del parto per sua moglie: sarà una bambina, ma i due non riescono a deciderne il nome. Proprio allora, il “mostro” colpisce di nuovo… Sulle note dei Simple Minds, dei Duran Duran e dei primi Litfiba, Barbara Baraldi ci trasporta nella città italiana più misteriosa ed esoterica, in una corsa a perdifiato tra le paure e le ossessioni di un’epoca.
No, non si trattava di un comune delinquente, ma di un ragno che stava tessendo la sua tela,
allargandola in più direzioni, visibili e invisibili agli occhi.
Parto dalla fine, dalla nota dell’autrice. Barbara Baraldi al termine de “La stagione dei ragni” confessa che Francesco Scalviati “è stato inizialmente un po’ sfuggente”: “Il padre di Aurora Scalviati era una figura quasi mitologica per me, anche per il modo in cui è stato idealizzato dalla figlia, che in un certo senso mi ha contagiato”.
Parto da questa ammissione che ho amato molto (ogni scrittore dovrebbe coinvolgere i lettori in questo modo, a mio avviso!) perché anche io mi sono approcciata a lui con una certa reverenza. Forse, come scrive proprio Barbara Baraldi, perché ero condizionata dalle emozioni di Aurora che ho vissuto con grande intensità nei romanzi precedenti.
Questo per sottolineare come l’autrice è stata molto brava nel farci scoprire il nostro protagonista un po’ alla volta, in tutta la sua umanità, nelle sue sfumature, dalla più intransigente a quella più emotiva. Sentirsi vicini a lui, in quanto lettori, sarà graduale fino a diventare totale.
La trama del romanzo è complessa ma viene trattata con grande cura e ogni tassello troverà il suo posto, capitolo dopo capitolo.
Bellissimo il lavoro che Barbara Baraldi ha fatto per riportarci indietro alla fine degli anni ’80, inserendo tanti elementi non solo sul lavoro investigativo ma anche della vita di tutti i giorni: il salvataggio con i floppy disk, la camera oscura per lo sviluppo dei rullini, il fax. I compat disc sono una novità e in un negozio di musica occupano soltanto “un paio di vetrinette”; si muovono i primi passi del profiling, “un approccio nuovo” capace di entrare nella mente dell’assassino, o del “serial killer”, termine che ancora nell’Italia di quegli anni non ha preso piede.
Ho trovato molto interessante il modo in cui l’autrice ci ha raccontato questo passaggio cruciale nella gestione delle indagini e nella caccia ai criminali, l’importanza che inizia ad assumere l’identikit psicologico di questi assassini. La riluttanza di alcuni nel contare su qualcosa di diverso dalle prove tangibili, la lungimiranza di altri che invece hanno mantenuto una mente aperta.
“Un’organizzazione criminale che comunica attraverso il computer” commentò Costanza. “A me sembra fantascienza”.
Durante la lettura pensavo: “Ma come riuscivano a gestire le emergenze senza cellulari?”. Anche se, diciamolo, molto spesso nei thriller i protagonisti hanno il telefono scarico, quindi non è che poi cambi molto!
Al sostituto procuratore viene assegnato un duplice omicidio. Sembra una faccenda “non troppo complicata”, ma i due delitti presto si collegano ad altri. E non solo a quelli commessi a Torino, ma anche a San Francisco e a Londra.
La pressione su Scalviati aumenterà di conseguenza: “Anche se nessuno si azzardava a dirlo apertamente, l’idea che un pubblico ministero relativamente inesperto si stesse occupando di un’indagine di così alto profilo non era vista di buon occhio nemmeno dai colleghi”.
Meno male che Scalviati non è solo:
Ormai isolato dal resto della procura, gli restava soltanto un pugno di fedelissimi pronti a seguirlo. Un’improbabile squadra composta da elementi eterogenei ma accomunati da un senso di giustizia che supera il rispetto della legge. Ognuno con una buona ragione per mollare. Ognuno con l’intenzione di andare fino in fondo.
Confesso che mi sono emozionata molto quando ho letto il nome di Isaak Stoner, l’agente dell’FBI che avevo già conosciuto nei romanzi precedenti di Barbara Baraldi. Mi ha fatto sorridere la diffidenza iniziale di Scalviati ed è stato bello vedere evolvere il loro rapporto.
“La stagione dei ragni” è un romanzo con tantissimi personaggi, ognuno tratteggiato con cura. Mi è piaciuto tantissimo quello di Leda, la reporter, e poi meno male che c’era Loiacono che mi ha strappato più di un sorriso. Dai, alla fine si è saputo anche fare perdonare!
La vicenda narrata mi ha ricordato un po’ quella di Zodiac che ho scoperto solo da qualche mese vedendo il film. Ho trovato diversi punti in comune anche se la chiusura è decisamente diversa…
Chiudo il post dicendovi che sono estramemente toccanti le ultime battute del romanzo, e probabilmente per me lo sono state perché ho già letto la serie con Aurora come protagonista e ne capisco appieno il senso. Quindi, alla fine il mio consiglio non può che essere quello sì di leggere “La stagione dei ragni“, ma anche di recuperare i romanzi precedenti di questa autrice così brava. Non ve ne pentirete.
Da una prima lettura mi sembra che la storia del film di Zodiac sia uguale alla parte del libro riguardante gli omicidi di San Francisco e che l’autrice abbia voluto dare un seguito alla “carriera” del serial killer americano