“Il club” di Takis Würger: spietato nella sua verità
“Il club” di Takis Würger (Keller) è uno di quei libri in cui nessun orrore viene risparmiato anche se non è descritto nei minimi particolari. Spietato e crudele nel mostrare tante verità, è un romanzo che getta luce su dinamiche purtroppo ben note e impone il lettore di farsi tantissime domande.
TRAMA – Hans Stichler è soltanto un ragazzo, ma la vita lo ha già messo alla prova. Da bambino viene maltrattato dai compagni di scuola, finché il padre non gli regala un paio di guantoni. Grazie alla boxe Hans impara a reagire ai soprusi. Rimasto precocemente orfano, cresce solo e senza amici in un collegio di Gesuiti, dove trascorre il suo tempo libero leggendo e allenandosi di nascosto. Un giorno però riceve una lettera che può cambiargli la vita: sua zia, che insegna Storia dell’arte a Cambridge, gli offre una borsa di studio per frequentare la prestigiosa università. In cambio Hans dovrà aiutarla a far luce su un crimine spregevole che vede coinvolti l’elitario Pitt Club e i rampolli dell’alta borghesia d’oltre Manica. Sarà a sua volta costretto a macchiarsi di un delitto per ottenere giustizia? O prevarranno la legge del Club e il suo desiderio di appartenenza?
Vendetta, odio. Potere, discriminazione. Abuso, superiorità. Sono queste alcune delle parole che mi vengono in mente finito di leggere “Il club” di Takis Würger.
Così come mi rimbombano in testa alcune coppie di opposti. Pochi, molti. Privilegiati, esclusi. Verità, menzogna.
“Il club” si dipana in capitolo brevi, nei quali si alternano i punti di vista dei vari personaggi della storia. Potremmo dire che Hans sia il protagonista, ma la distinzione potrebbe avere poca importanza.
Perché c’è qualcun altro dietro le azioni di Hans. Almeno, in linea generale. Chi ha escogitato quel piano? E da quanto tempo, in realtà, c’è questo desiderio di vendetta?
Rimasto orfano, Hans viene “invitato” dalla zia a studiare a Cambridge, in una delle istituzioni più esclusive del mondo. La struttura dei college inglesi e la conformazione dei club elitari che vi sono all’interno, più o meno alla luce del sole, sono molto distanti dal nostro modello di istruzione. Così come può esserlo il concetto di confraternita nelle università americane.
Ma tutti possiamo capire sentimenti come il desiderio di appartenenza, la forza ammaliatrice del potere, la lusinga del denaro (specie quando non si possiede nulla). Tutti possiamo comprendere Hans nel suo senso di smarrimento tra quelle mura antiche, quando è costretto a cambiare cognome, fingere di essere un’altra persona, per smascherare un crimine che non sa nemmeno qual è.
Hans non lo sa perché il lettore deve scoprirlo con lui. E insieme a lui assisterà alla sua ascesa dentro al Pitt Club, al suo modo di ammaliare tutti, forse proprio perché non è sua intenzione farlo. Alla nascita di un amore, a giochi di potere e di abuso dei più spregevoli. Alla differenza tra un’amicizia sincera e alcune che vengono sigillate come fossero contratti.
C’è un senso di irrisolto nello stile di Takis Würger, un tono sempre vigile e all’erta, uno sguardo non edulcorato che restituisce un racconto schietto, crudo.
“Il club” è un libro che si legge in poco tempo perché non ci si riesce a staccare da quelle pagine. Perché l’orrore esercita sempre un certo fascino in chi ne è spettatore. Perché viene da chiedersi quali scelte avremmo fatto se fossimo stati al posto dei personaggi del libro.
E comunque spero che Hans se la cavi. E che finalmente possa sperimentare sulla propria pelle quanto di bello la vita può offrire.