“Domani avremo altri nomi” di Patricio Pron: che forma ha l’amore?
In “Domani avremo altri nomi” (SUR) Patricio Pron sembra quasi che voglia sfidarci, che ci stia chiedendo: ma tu lo sai quante forme ha l’amore?
TRAMA – Tutto comincia con la divisione della libreria: Lui e Lei si lasciano, senza un motivo apparente, dopo anni passati insieme. Dalle crepe della loro relazione filtrano amicizie e vicissitudini, più dubbi che certezze, e un mondo che riconoscono a malapena: la città ha una nuova fisionomia, la tecnologia penetra ogni aspetto della vita, intimità compresa, e mostrarsi fragili non va più di moda. Li vediamo, in parallelo, alle prese con appuntamenti al buio, dating app, buoni propositi radicali e viaggi alla ricerca di sé: non sanno che qualcosa ancora li lega, che non sono più gli stessi. Domani avremo altri nomi è una storia d’amore, anzi, una storia dell’amore ai giorni nostri, con tutte le diverse sfaccettature e forme che il sentimento può assumere – oltre l’orientamento sessuale, l’idea classica di coppia e di famiglia, gli stereotipi sulla maternità – in un mondo spesso precario, fatto di consumismo e alienazione, un mondo che è a tutti gli effetti il nostro.
La rottura di Lei e Lui è il pretesto per Patricio Pron per iniziare a parlare delle relazioni di oggi. Senza giudizi, ma con occhio attento, l’autore esplora in che modo l’amore tenda ad assumere nuove forme pur rimanendo, in fondo, immutato.
Si parte da una consapevolezza: “Nessuno sapeva più che cos’erano le relazioni sentimentali e come si instauravano, perché era evidente che il modo in cui lo si era fatto tante volte in passato risultava ormai inappropriato, troppo simile a quelli che ora venivano ripudiati per ottime ragioni”.
I giovani conoscono solo ciò che è “precario e provvisorio” e su questa frequenza hanno sintonizzato anche le relazioni sentimentali che non comportano “una durata precisa e neanche certezze”.
Ci sono coppie che si conoscono online, “relazioni aperte” o “situazioni”, un termine più vago e dai confini facilmente modellabili, una libertà che risulta solo superficiale quando gelosia e possesso vengono soffocate: credevano di “calpestare un territorio sconosciuto con le esperienze di coppia aperta e flessibile, ma esperienze del genere si scontravano spesso con la natura umana che tende al possesso e alla volatilità”.
Ma, alla fine, attraverso i suoi personaggi l’autore si chiede: “Perché bisognava dare un nome a ogni cosa? Quali nuove denominazioni si sarebbero inventati, quando la dinamica del desiderio avrebbe reso evidente, una volta di più, che le terminologia non erano di nessuna utilità?”.
Davanti a domande del genere non si può non riflettere sulla nostra tendenza, continua ed esasperante, a voler etichettare ogni cosa, a tutti i costi. Forse per paura, forse pensando che trovando il nome giusto potremmo comprendere ciò che ci risulta estraneo o distante. Senza renderci conto di quanto in realtà un atteggiamento del genere sia miope e che ha come risultato solo quello di precluderci di aprirci all’altro e di accogliere il diverso da noi.
In “Domani avremo altri nomi” mi sono piaciuti molto anche i passaggi in cui l’autore si sofferma su come tendiamo a cambiare forma quando da “uno” diventiamo “due”, quando ci impegniamo per costruire un “noi” opposto a un “loro”. La coppia viene definita da Patricio Pron “una specie di animale bifronte”, in cui la personalità di ogni ognuno cambia “in modo involontario ma inevitabile” per fare posto all’altra persona.
Cosa succede quando questo rapporto si spezza? Lui e Lei reagiscono in modi diversi ma con parecchie analogie. Il loro stare lontani accende nuove consapevolezze, cercano un equilibrio stando di nuovo in mezzo agli altri, ma è come se fossero continuamente spaesati. Mancanti.
È singolare come quello di Lui rimanga l’unico punto di vista maschile. Gli uomini sono quasi del tutto esclusi da questa narrazione sull’amore. Lei è circondata di amiche, ognuna delle quali sta vivendo o sperimentando forme di relazioni diverse, mentre Lui no. Dato che l’autore è un uomo è un particolare davvero curioso su cui mi sono interrogata, senza ovviamente essere riuscita a darmi una risposta!
Molto emozionante il finale, che torna come un’onda, lasciando andare alcune incertezze e portando con sé nuove forme. Ma soprattutto dando un senso, bellissimo e commovente, al titolo di questo romanzo.