“Fifty-Fifty” di Ezio Sinigaglia: tutte le sfumature dell’amore
“Fifty-fifty. Warum e le avventure Conerotiche” di Ezio Sinigaglia (Terrarossa Edizioni) è un romanzo sulle sfaccettature dell’amore, sull’identità, sulla scoperta del desiderio.
TRAMA – Fifty-fifty, ossia Fifí (colui che per metà si concede e per metà si nega), è il nome parlante assegnato dal narratore al giovane uomo per il quale ha rinunciato a ogni altra relazione. La loro unione, per quanto esclusiva e simbiotica, è un bizzarro esempio di “amore non corrisposto”. In realtà anche Fifí è innamorato di Aram, ma il suo sentimento sceglie modi diversi, e soprattutto non erotici, per manifestarsi. La varietà dei linguaggi d’amore diventa così, in apparenza, il filo conduttore del romanzo. Il narratore ripercorre, implacabilmente, i tre anni, sei mesi, dodici giorni di questo singolare rapporto: una stagione di incanti, ma anche di astinenza e di attesa, pari solo a quella patita da Stocky, comune amico e geniale compositore, che veglia su di loro e sugli altri sei indimenticabili personaggi, ospiti della sua pittoresca villa in Versilia.
Leggendo “Fifty-fifty. Warum e le avventure Conerotiche” ho avuto modo di riflettere su tanti aspetti: su quanto siamo disposti a dare e quanto invece esigiamo dagli altri, sulle forme che può assumere una relazione, ma soprattutto su quante facce compongano realmente una personalità, rendendomi conto, ancora una volta, di quanto sia il confronto con l’altro, con il “diverso” da noi (richiamando Platone, e non il riduttivo e spesso “spregevole” significato che diamo alla parola “diverso”) a definirci.
In questo romanzo è Aram il protagonista e lui ci racconta non solo la relazione con il suo amato, e non amante, Stefano, chiamato Fifty-Fifty per via del suo concedersi solo a metà, ma anche quella con tutti gli altri personaggi che hanno davvero significato nella sua vita.
È chiaro che la relazione con Stefano è quella che viene esaminata maggiormente, lungo oltre tre anni di amore non amore.
In tre anni e mezzo ho esplorato, credo, tutte le possibili cause del suo rifiuto, della sua resistenza caparbia e inattaccabile ad amarmi e a lasciarsi amare come, su questa terra, si amano tutti coloro che si amano. La maggior parte delle ipotesi che ho formulato è stata spazzata via col passare del tempo da prove che le contraddicevano a una a una.
Poteva avere paura di qualsiasi cosa Fifì. “Di mostrarsi goffo. Forse aveva paura dell’ignoto. Dei sapori sconosciuti. Dei profumi nuovi. O dell’amore, addirittura. Di restare in trappola. Di innamorarsi, lui, che non si innamorava mai. Visto che non sapeva d’esserlo già, innamorato”.
La loro relazione è fatta di bisogni, di ricerca di conferme, di esigenze, di alcuni spazi che vengono colmati mentre alcuni restano inesorabilmente vuoti, di dipendenza, di cura fatti di piccoli gesti quotidiani e non solo.
Fifì si concede però nei limiti che lui continuamente traccia, spostandoli, ridefinendoli a suo piacere, con estrema frustrazione o forse rassegnazione da parte di Aram che può accontentarsi solo di una cosa: il sospetto.
Col nostro semplice essere visibili sempre insieme e mai singolarmente. Io lo amo. E lui, in privato, è libero di fare ciò che vuole: niente. Ma in pubblico no, perbacco. Vuole regalarmi almeno questo: il sospetto. Ne guadagna la mia immagine. È un gioco di rovescio, il nostro, il suo: virtù provata e pubblica licenza.
Belle le parti in cui Aram, lungo tutta la narrazione, si interroga su di sé, analizzando i suoi desideri e le sue pulsioni. La sua sessualità oscilla, vacilla. “Devi pur scegliere, Aram, mi dicevo allo specchio. Da che parte stai?”.
Non sceglievo, è chiaro, non decidevo. Ma ero ancora ben lontano dell’aver conquistato la consapevolezza del mio sacro diritto a scegliere fra persona e persona, e non fra sesso e sesso.
Uno spiraglio di comprensione che dovrebbe essere aperto più spesso, scardinando un’esigenza di etichettare persone e relazioni che non serve a nulla, che non spiega, che non esplora, che mortifica soltanto.
La gente, per la maggior parte, non capisce un bel niente nemmeno delle situazioni più banali. Figurarsi che cosa può capire l’umanità di una forma d’amore così bizzarra qual è quella che mi unisce a Stocky. Un amore che, all’apparenza, non ha niente di biologico. E che invece si basa essenzialmente sulla prodigiosa capacità che ha Stocky di assimilarmi, come una pietanza.
L’amore può assumere le forze più disparate, ci racconta con lucidità e ironia Ezio Sinigaglia. Può essere altrove o in noi stessi, basta solo mettersi in gioco per trovarlo e accettarlo.
L’unica nota negativa che mi sento di segnalare di “Fifty-fifty. Warum e le avventure Conerotiche” è lo stile. Non tanto quello narrativo, che risulta, come potete vedere voi stessi dalle citazioni che ho inserito, poetico, irriverente, acuto, ma dalla scelta di non consentire respiro al lettore durante la lettura.
Le pagine sono fitte e dense di parole, non c’è nemmeno lo stacco durante i dialoghi e questo ha appesantito molto la mia esperienza di lettura. Un vero peccato perché con questa scelta, a mio avviso, le parti più emozionante si perdono.