“Nuovissimo Testamento” di Giulio Cavalli: imperdibile
“Nuovissimo Testamento” di Giulio Cavalli (Fandango): un romanzo dalla trama semplicemente geniale che apre a tantissimi spiragli di riflessioni, il più delle volte dal sapore agrodolce.
TRAMA – Un giorno qualsiasi Fausto Albini è sulla spiaggia, con un bastone disegna un cerchio, forse ha un ricordo e si sente male. Portato d’urgenza al Pronto Soccorso, viene ricoverato nel reparto dei Disturbi affettivi, quello per i cittadini di DF con problemi di rotondità sentimentale. Insieme a lui, Manlio Cuzzocrea che ha pianto per giorni senza un motivo, Andrea Razzone scoperto a leggere e Angelo Siani che sogna ossessivamente la madre che non ha mai conosciuto. Evidentemente, il sistema di DF – che prevede bambini tolti ai genitori, mogli a rotazione, nessuna aspirazione e nessuna libertà di scelta – non funziona più come un tempo. Di fronte all’aumento dei focolai di empatia incontrollata, il governo del presidente Bussoli nel chiuso della sua impenetrabile cittadella fortificata si dice preoccupato: è impossibile governare un popolo che prova paura e desideri, i casi di disturbi affettivi in aumento rappresentano un pericolo. Intanto a confermare a Fausto Albini l’esistenza delle emozioni sarà l’incontro con la dottoressa Anna Cordio che ha in carico il suo caso e per la quale sentirà un sentimento indicibile e proibito: l’amore. Quando Fausto e i suoi compagni si renderanno conto che dietro la mancanza di empatia potrebbe esserci un disegno politico, dall’ospedale partirà il primo nucleo della resistenza, il cui scopo è solo uno: liberare le emozioni, riportare nel mondo l’empatia, dare voce a un “nuovissimo testamento”, anche a costo di rimetterci la vita.
DF è una nazione calmierata da un vaccino infantile che permette “di eliminare l’empatia come elemento disturbante della democrazia”. Già perché “nel governo di DF avevano studiato a lungo il fatto che la mancanza di empatia fosse la garanzia più solida e importante per il mantenimento del potere e del governo”.
A DF sono stati eliminati tutti gli stimoli. Si usa il grigio, dopo aver abolito tutte le gradazioni di colore, ma sono stati vietati anche l’arte, i libri, i film, la danza, la musica; non esiste il gusto, i cibi vengono solo “ingoiati” seguendo una rotazione prestabilita, l’alcol viene somministrato in “comode compresse”; non c’è traccia di amicizia o di socialità, con mogli e mariti si procede “per turnazione” solo per riprodursi (i neonati poi venivano assegnati a un istituto genitoriale e inseriti in un rigido programma del governo; mentre gli anziani in strutture per il riposo dopo aver svolto il loro ciclo produttivo).
“Niente famiglia, ovviamente, la famiglia era nemica del governo di DF, la famiglia era il covo delle sensazioni e delle esperienze incontrollate. Non esistevano figli di, non esistevano padri di, non esistevano madri di, non esisteva nulla”.
È questo il Paese che ha immaginato Giulio Cavalli nel suo “Nuovissimo Testamento“. Un luogo descritto nei minimi dettagli, senza lasciare nulla al caso, e che spiazza continuamente il lettore per la sua logica irrazionalità.
Perché è assurdo come le considerazioni del presidente di DF possano sembrare ragionevoli e magari anche condivisibili, per poi rendersi conto che no, aspetta un momento, non è proprio questa la democrazia. Un concetto che ritorna, distorto eppure così familiare, anche nel finale.
DF funziona come un meccanismo perfettamente oliato, ma qualche stimolo riesce a scappare al controllo. “Maledetti tramonti diceva spesso il presidente Andrea Bussoli”.
È in una stanza del reparto dei Disturbi affettivi che si incontrano i protagonisti della storia e sarà un libro, introdotto illegamente, a far capire ad Andrea, Manlio e Fausto che c’è tanto altro oltre quello che vivono quotidianamente, che quell’empatia che “a DF era un delitto, in realtà sembrava il sale di una vita che fosse degna di essere vissuta, niente di immorale come invece gli avevano inculcato”.
Ovviamente all’inizio sarà una consapevolezza devastante, (“ogni parola immaginava una vita che smontava tutta quella che aveva vissuto fin lì, ingoiare un tubetto di colla che ti ferma tutti gli organi interni, uno squarcio di immaginazione che era troppa, era dolore”), così come sarà disastroso il loro primo tentativo di “fare aprire gli occhi” alle persone con l’aiuto di Bernadetta e dell’uomo “con la giacca di velluto”.
Ma questo gruppo di ribelli non si fermerà. Il finale, devo ammettervi, mi ha spiazzato. Non so cosa mi aspettassi, sicuramente non un banale “e vissero tutti felici e contenti”, ma speravo di non dover chiudere il romanzo con l’amaro in bocca come invece è successo. Non vi dico più nulla per evitare di anticiparvi troppo della trama.
Entrando nella struttura della narrazione, so che molti non riescono a trovarsi bene con uno stile come quello di Cavalli, in cui non c’è interruzione tra pensiero e dialogo, le pagine sono un continuo fiume di parole, fitte e serrate, ma credo che l’originalità e lo spessore di “Nuovissimo Testamento” debbano far crollare questa resistenza.
Magari all’inizio si avrà un po’ di difficoltà a entrare nel ritmo, ma una volta ingranato si avrà voglia di sapere cosa succederà ai protagonisti della storia e di continuare a ragionare insieme all’autore su concetti così importanti.
Giulio Cavalli ci parla di “vaccini” e di “empatia” probabilmente nel momento storico perfetto, in un periodo in cui abbiamo abusato di questi termini senza interrogarci più di tanto. La sua è una visione estrema che spaventa, ma che allo stesso tempo mette tutto nella giusta prospettiva. Senza edulcorare nulla, senza tratteggiare supereroi, solo esseri umani, nelle loro imperfezioni e nelle loro sfaccettature.