“Lontano da casa” di Enrico Pandiani: molto più di un giallo
“Lontano da casa” di Enrico Pandiani (Salani Editore) è molto più di un giallo, o un noir. Rientra in uno di quei casi in cui “un’etichetta” di genere va decisamente stretta.
TRAMA – Quando torna a casa dopo una giornata di lavoro, Jasmina Nazeri non può immaginare che ad aspettarla ci siano dei poliziotti. Un uomo di colore è stato ucciso, dicono, era nudo e senza documenti, e forse l’unica in grado di identificarlo è proprio lei, che in quel quartiere di periferia conosce tutti. Il corpo martoriato è riverso a terra in un giardino pubblico, e quando viene girato a faccia in su, la sorpresa è scioccante. In quel volto la ragazza riconosce Taiwo, e anche se non lo vedeva dal tempo in cui hanno avuto una relazione, è certa che non fosse tipo da cattive frequentazioni. Come può essergli capitato un destino tanto orribile? E come si rende giustizia a qualcuno che per la società non esiste? Jasmina è donna, è giovane, ha origini iraniane: sa quanto sia difficile ottenere rispetto, un’opportunità, o anche soltanto ascolto. Per questo dedica la sua vita ad aiutare gli altri, insegnando l’italiano agli immigrati e dandosi da fare per chiunque abbia bisogno. Forse lo stesso non si potrebbe dire di Pandora Magrelli, l’ispettore che la avvicina per chiederle di collaborare in via non ufficiale alle indagini e che ha un’idea molto diversa della tolleranza, ma sembra voler scoprire la verità a ogni costo. Trame implacabili e straordinaria capacità di scrutare nell’animo umano, ecco cosa rende unico Enrico Pandiani nel panorama noir. Quella che racconta in questo nuovo romanzo non è soltanto la periferia di una città, con il fermento che si porta dentro; è lo stato primordiale verso il quale tutti stiamo tornando, pronti a trasformare chiunque in un nemico.
Jasmina scosse il capo. “Ti piace, vero?”
“Cosa?”
“Far sentire le persone lontano da casa”.
Sta tutto in questo scambio di battute il cuore di “Lontano da casa“, titolo perfetto per questo romanzo di Enrico Pandiani. A parlare sono Jasmina, la protagonista della storia, e il suo opposto, Pandora Magrelli, ispettore di polizia.
Sono due energie contrarie, Jasmina e Pandora, due donne così diverse che all’inizio fanno fatica a trovare un linguaggio comune, per poi, sul finale, diventare necessiarie una per l’altra.
Si incontrano su una scena del crimine, dove Jasmina è stata condotta per identificare un cadavere. Un suo amico, un suo allievo, un suo amante. Un “negro”.
Pandora odia Barriera, il quartiere periferico della bella e altera Torino; odia camminare per le sue strade dove vede solo spacciatori e stupratori; odia tutti gli stranieri, incarnando il più classico degli stereotipi dell’intolleranza.
Jasmina non potrebbe essere più diversa. Insegna italiano a chi sta cercando un modo per inserirsi nel nostro paese, distribuisce pasti, aiuta i senzatetto. Crede di dover portare addosso tutto il dolore degli altri, come se stesse espiando le colpe più gravi.
Come spesso accadeva, si rese conto che la sua vita si svolgeva in mezzo alla sofferenza degli altri. Se ne faceva carico come se le sue spalle esili potessero sopportare quel peso all’infinito, quasi che non lasciasse su di lei alcun segno. Invece non era così, a volte se ne sentiva schiacciata, quando il malessere rendeva faticoso alzarsi dal letto la mattina o uscire di casa.
Pandora le chiederà aiuto per un’indagine che riserverà molti colpi di scena, in cui sarà facile arrivare alle conclusioni sbagliate, lasciandosi ingannare dal pregiudizio. Se il romanzo parte lento, dalla seconda metà in poi il ritmo decisamente cambia, e sarà difficile staccarsi dalle pagine prima di arrivare fino in fondo.
Ma “Lontano da casa“, come dicevo all’inizio, è più di questo. L’autore, ben lungi dall’esprimere giudizi, lascia che siano i suoi personaggi a parlare, a dire la loro anche a costo di risultare sgradevoli, dando al lettore la possibilità di scegliere da che parte stare.
Una delle scelte che ho più trovato interessanti è che ciascun personaggio, durante il percorso, rimane comunque fedele a se stesso. Pandora sì, si prenderà cura di Jasmina, ma rimarrà delle sue idee. Così come Jasmina, nonostante la poliziotta cerchi di aprirle gli occhi sulle sue scelte, non sarà disposta a fare un passo indietro.
La sua sola capacità era quella di dare una mano a chi ne aveva bisogno, non sapeva fare altro. Rinunciare equivaleva a non essere nulla, a scomparire.
Sullo sfondo non solo una periferia, che potrebbe essere di qualunque altra città, ma dinamiche di mancata inclusione, storie di invisibili su cui nessuno poggia lo sguardo, colori e sapori tra i più distanti che si mescolano per creare qualcosa di diverso, di nuovo. Di bello.
Pandiani non ci dice cosa sia giusto o cosa non lo sia. Ci narra come stanno le cose, ci racconta che nel cuore di molti c’è del buono, così come tra i gesti di tanti c’è del marcio. Sta a noi decidere cosa vedere e cosa nascondere, a chi tendere la mano.
Spero che Jasmina dopo questa storia non cambi, ma che inizi a pensare che per lei ci possa essere altro oltre “l’esistenza mediocre che aveva vissuto”. E che inizi a non reputarla qui in quel modo.