“La notte negli occhi” di Francesco Baucia: bellissimo
Visto che siamo quasi alla fine di quest’anno, posso dire che “La notte negli occhi” di Francesco Baucia (Edizioni Lindau) è uno dei romanzi più belli che abbia letto in questo 2020.
TRAMA – Batavia, 1831. Dopo un lungo viaggio dall’Europa, un medico noto per la sua abilità di «cercatore di uomini» sbarca sull’isola di Giava. Il personaggio più influente della cultura europea – il Grand’uomo dello Stato prussiano, il filosofo G. W. F. Hegel – gli ha affidato un incarico delicato: rintracciare il figlio illegittimo e rinnegato, Ludwig Fischer. Cinque anni prima, dopo l’ennesima lite col padre, il ragazzo era fuggito arruolandosi nell’esercito coloniale olandese. Raggiunta Giava, però, aveva fatto perdere le proprie tracce, lasciando così nell’animo del genitore un rimorso insopportabile. Messosi sulle orme di Fischer, il medico-investigatore si ritrova presto nel cuore di un enigma che sfida la sua capacità di portare luce nel buio. La riuscita dell’impresa dipende dalle risposte che saprà dare a quesiti decisivi: che cosa nasconde la fuga del ragazzo? Chi è il misterioso compagno che sembra seguire come un’ombra i passi di Ludwig? E ancora: esiste qualche connessione fra il giovane reietto e il cruento assassinio di un ufficiale olandese avvenuto nella giungla giavanese?
Quando il libro è molto bello si fa sempre più fatica a parlarne perché restituire le suggestioni della lettura è impresa ardua.
Comincio scrivendo che Francesco Baucia ha, a mio avviso, una della scritture più belle del panorama italiano contemporaneo. E già l’aggettivo “bello” mi pare riduttivo.
La sua prosa è calda, avvolgente, suggestiva; una scrittura “alta” senza per questo essere distante dal lettore, anzi. Un legame che si instaura anche grazie ad alcune scelte narrative, come l’uso della prima persona, e la volontà del narratore di raccontare qualcosa di sé, anche nelle occasioni in cui non è necessariamente funzionale alla trama. Sebbene non ci dica mai il suo nome.
Chi è questo narratore? Un medico dal passato cupo, che, dopo un episodio particolamente singolare della sua vita, è stato etichettato come “cacciatore di uomini”. Le sue abilità passano di voce in voce, fino a giungere all’orecchie del filosofo Hegel che gli affida un incarico delicato: rintracciare il figlio illegittimo, Ludwig Fischer, di cui non ha più notizie da diversi anni.
Era una storia comune, in cui l’orgoglio di due uomini – uno all’apice della vita matura, l’altro che su di essa si affacciava – si scontrava causando un vortice di rancori impossibile da far defluire.
Ma siamo sicuri che sia questa la storia? “La vita del figlio gli stava realmente a cuore?”, si chiede il nostro narratore, che definisce il filosofo il “Grand’uomo”, ma del quale non si fa scrupoli a sottolineare il lato più umano, quello meschino, persino indolente.
Un egoista, forse? Un uomo impegnato in un inutile gioco di forza? O di debolezze? O c’è dell’altro?
La storia, in “La notte negli occhi“, verrà dipanata poco alla volta, in salti temporali che non risultano bruschi, ma che seguono il filo di un racconto che diventa sempre più ricerca personale, espiazione. E che finirà per assumere contorni inaspettati e un senso che spazzerà via tutte le domande.
Torna di frequente, all’interno della narrazione, la parola “ombre”. Le ombre sono quelle che proiettiamo, che sfiorano quelle di chi incrociamo e che si intrecciano con coloro che ci stanno vicini. Il “cacciatore di uomini” a un certo punto si interroga “sull’incantesimo che sembra legare molte persone a un’ombra svanita nel tempo”, senza capire che lui stesso, viaggiatore del mondo, ha un legame di questo stesso tipo.
Ma le ombre sono anche quelle che ci perseguitano, che diventano rimpianti, parole non dette, mancanza di coraggio.
Oppure sono le zone scure della nostra anima, quelle che ci fanno chiudere gli occhi per non guardare, che ci allontanano in uno spazio e in un tempo che nessuno può percepire, che ci avvolgono fino a ingoiarci.
Un’ombra svanisce quando scompare il corpo che la proiettava. Ma siamo davvero sicuri di saper distinguere i corpi dalle ombre? Vuole forse imbarcarsi in questa impresa?
No, il nostro protagonista non vuole (non ci riesce?) anche se qualcosa lo ha profondamente scosso. Infatti, alla fine confessa che la vicenda che il giovane Ludwig gli aveva offerto un dono era stato “un omaggio sgradito e tuttavia impossibile da rifiutare”.
Io posso dirvi che “La notte negli occhi“, invece, è un dono bellissimo, e che sarà impossibile dimenticarlo.