“La tarda estate” di Luiz Ruffato: emozioni intense
Capita spesso di leggere romanzi in cui il protagonista si trova a dover fare i conti con il passato, ma quello che succede in “La tarda estate” di Luiz Ruffato (La Nuova Frontiera) è davvero doloroso e straziante.
TRAMA – Un autobus arriva all’autostazione di Cataguases, Brasile. È un martedì mattina di marzo, sul finire dell’estate australe. A bordo, un uomo che torna nella sua città dopo venti anni di assenza. Così inizia La tarda estate, un lungo piano sequenza, sei giorni nella vita di un uomo immerso in un presente irriconoscibile e alla ricerca di un passato lontano e sfuggevole. Cataguases, la sua città, è una terra straniera e Oséias è spaesato, i suoi ricordi sempre più sfocati, i volti che dovrebbero essergli familiari sono distanti: ognuno è un pianeta errante, ognuno è solo, invisibile agli altri. Nella sua peregrinazione, Oséias posa sulla città e sulle persone che incontra il suo sguardo da commesso viaggiatore, da impiegato della piccola borghesia con una vita passata in viaggio, in alberghi anonimi, nelle stazioni di provincia a immaginare le vite altrui.
Oséias ha più di un segreto quando arriva nella città in cui è nato. Un segreto del passato, che lo tormenta, che lo divora dall’interno, e un segreto del presente, che fa esattamente la stessa cosa.
Lo seguiamo durante sei giorni in cui è per lo più spaesato: torna a camminare su quelle vie, che sono sempre le stesse eppure così diverse; incontra persone che riconosce senza sapere chi siano diventate.
E quando prova a parlare del passato, a chiedere, i ricordi non sono mai allineati, nemmeno con i suoi fratelli. C’è chi lo rimprovera di non guardare avanti, chi quasi non capisce le sue domande, e chi ha troppo da fare per pensarci.
Il senso di smarrimento di Oséias in “La tarda estate” è una costante insieme al suo declino, inarrestabile.
È andato tutto storto… E perché? Quand’è che le cose hanno cominciato ad andare male? Quali ostacoli hanno trovato le mie gambe, senza che me ne rendessi conto? Questo sconforto, sempre… Avevo delle aspettative… Ma neanche quelle, piccole, si sono realizzate.
Luiz Ruffato ha consegnato al lettore un libro non facile, anche nella forma. Non c’è mai un respiro, un andare a capo, ma andando avanti nella lettura si colgono le differenze nella cadenza narrativa, specie tra quando ci muoviamo immersi nei ricordi e quando invece parliamo dell’oggi.
Da una parte, uno stile fluido, scorrevole, dall’altra un ritmo incalzante, fatto di ripetizioni, di gesti sempre uguali ai quali aggrapparsi. Un espediente che separa, che crea confini, e che allo stesso tempo restituisce il sentire del protagonista.
Oséias è uno di quei personaggi che riesce a smuovere qualcosa nel profondo. Uno di quelli che vorresti scuotere e allo stesso tempo dirgli: “Mi dispiace”.
Non so cosa avrebbe voluto trovare durante quel viaggio. Non so quali fossero le sue aspettative, o se ne avesse. Si può fare pace con errori che hanno conseguenze devastanti? Probabilmente no.
Forse nascondersi, rendersi ancora più invisibili, è una consolazione, ma non può lenire ferite così profonde, che lacerano l’anima ma anche il corpo.
“La tarda estate” è stata una lettura difficile ma mi ha regalato emozioni intense. E, quando è così, ne vale sempre la pena.