“Gli ottimisti muoiono prima” di Susin Nielsen: delizioso
“Gli ottimisti muoiono prima” di Susin Nielsen (Il Castoro) è un libro davvero delizioso. Divertente, commovente, traccia i primi passi di un percorso di crescita e di accettazione che mi hanno emozionata molto.
TRAMA – Sotto il cappello a forma di gatto che si è fatta da sé, Petula nasconde una buona dose di cinismo, la convinzione che a essere pessimisti ci si azzecca sempre e – soprattutto – un enorme dolore per una perdita che sembra impossibile da superare. Certo, è stato un incidente. Ma Petula sa che si dovrebbe sempre fare di tutto per ridurre al minimo i rischi e prevedere gli incidenti. Per questo non può fare a meno di sentirsi in colpa e di vedere in modo ossessivo pericoli celati in ogni cosa. A scuola la obbligano a partecipare a un gruppo di arte-terapia per ragazzi in difficoltà, o – come direbbe lei – per ragazzi fuori di testa. È qui però che, oltre a un gruppo di nuovi e complicatissimi compagni di viaggio, conosce Jacob, un bellissimo ragazzo pieno di umorismo ed energia, con una protesi al braccio e un doloroso segreto. L’amore e nuove amicizie sono dietro l’angolo, ma è difficile lasciarsi il cinismo alle spalle. E tornare ad avere fiducia nelle possibilità e in un nuovo inizio. Come si fa a capire quando vale la pena correre il rischio?
“Lei è un ottimista. E ha questa malsana convinzione che le cose andranno proprio come pensa lei. Non vede il pericolo se non quando ormai è troppo tardi. I pessimisti sono più realistici. Prendono molte più precauzioni”.
“Mi sembra un modo molto triste di vivere la vita”.
“È un modo sicuro di vivere la vita”.
Un personaggio come Petula, la protagonista di “Gli ottimisti muoiono prima“, è difficile da non amare, sin dalle prime pagine. Dal suo ennesimo colloquio con il preside della scuola, durante il quale si intravedono le sue (molteplici) paure.
Petula crede che i pericoli possano insinuarsi nella vita di ogni giorno nei modi più semplici, cogliendoci alla sprovvista. Le è già successo, lo ha vissuto sulla sua pelle, e non vuole che una situazione del genere possa verificarsi una seconda volta. Anche perché è ancora occupata a capire come andare avanti, mentre sua madre non fa che riempire la casa di gatti, suo padre ha sempre delle “scartoffie urgenti” che lo aspettano in ufficio, e il rapporto con la sua migliore amica pare essersi sgretolato.
Il problema è che, per quanto possiamo sforzarci, la vita non andrà mai secondo quanto abbiamo pianificato, o esattamente come vorremmo. Non basta tenere in ordine, evitare le strade con i cantieri, restare isolata in un angolo, non esternare mai le proprie emozioni. E, il più delle volte, nemmeno aiuta.
Considerando le sue difficoltà, Petula si trova a fare della terapia, dell’arte-terapia, con alcuni suoi compagni di scuola. I personaggi sono tutti così ben caratterizzati che è facile non sono riconoscerli, ma anche affezionarsi a loro. C’è Ivan, che ha perso la madre e si esprime a monosillabi; Alonzo, un omosessuale che sta affrontando la reazione dei suoi genitori al suo coming out; Koula, un’alcolizzata e una tossica dal cuore davvero enorme (credetemi, vi stupirà!).
E poi c’è Jacob. Un nuovo arrivato, un appassionato di cinema che indossa strani maglioni e che ha un braccio bionico. E un sorriso contagioso.
Jacob si avvicinerà a Petula in modo natuale, e allo stesso tempo lei si aprirà a lui come non credeva sarebbe mai stata capace di fare. Grazie alla passione per la regia di Jacob, tutti i protagonisti del libro compieranno i primi passi verso nuove consapevolezze, facendo i conti, ognuno a suo modo, con il senso di colpa.
Ma Jacob è talmente bravo a stare dietro la telecamera che di lui si saprà poco…
“Gli ottimisti muoiono prima” è il primo romanzo per ragazzi di Susin Nielsen che leggo: sin dai capitoli iniziali ho compreso quanta cura questa autrice investa nelle storie che racconta.
Delicate, difficili, sono storie che meritano attenzione e dedizione, e qui ci sono entrambe.
Seguire Petula e gli altri ragazzi all’inizio del loro percorso di crescita, attraverso anche espedienti narrativa originali e interessanti, è stato emozionante, oltre che molto divertente. Un romanzo che scorre via veloce, senza parti inutilmente melense, e che finisce troppo presto.
Ma il finale l’ho trovato davvero perfetto, perché mi lascia sperare che magari, in futuro, potrei pure incontrare di nuovo i protagonisti di questa storia. E se non dovesse succedere, mi auguro che stiano bene.
Spero che, se dovesse capitargli di ricadere, si ricordino che a volte riusciamo a rialzarci da soli, mentre altre abbiamo bisogno della mano di qualcun altro. Anche bionica.