“La ragazza con la macchina da scrivere” di Desy Icardi: un pizzico di delusione
“La ragazza con la macchina da scrivere” di Desy Icardi (Fazi) era uno dei romanzi che attendevo con maggiore trepidazione in questi primi mesi del 2020. Purtroppo, mi aspettavo qualcosa di diverso e non nascondo un pizzico di delusione.
TRAMA – Cosa ricordano le dita? Se la memoria scompare, possono gli oggetti aiutare a ritrovare i ricordi? Sin da ragazza, Dalia ha lavorato come dattilografa, attraversando il ventesimo secolo sempre accompagnata dalla sua macchina da scrivere portatile, una Olivetti MP1 rossa. Negli anni Novanta, ormai anziana, la donna viene colpita da un ictus che, pur non rivelandosi letale, offusca parte della sua memoria. I ricordi di Dalia tuttavia non si sono dissolti, essi sopravvivono nella memoria tattile dei suoi polpastrelli, dai quali possono essere liberati solamente nel contatto con i tasti della Olivetti rossa. Attraverso la macchina da scrivere, Dalia ripercorre così la propria esistenza: gli amori, i dispiaceri e i mille espedienti attuati per sopravvivere, soprattutto durante gli anni della guerra, riemergono dal passato restituendole un’immagine di sé viva e sorprendente, la storia di una donna capace di superare decenni difficili procedendo sempre a testa alta con dignità e buonumore. Un unico, importante ricordo, però, le sfugge, ma Dalia è decisa a ritrovarlo seguendo gli indizi che il caso, o forse il destino, ha disseminato lungo il suo percorso. La narrazione alla ricerca del ricordo perduto si arricchisce pagina dopo pagina di sensazioni e immagini legate a curiosi oggetti vintage: la protagonista del libro ritroverà la memoria anche grazie a questo tipo di indizi, che appaiono ogni volta in luoghi inaspettati, in una specie di caccia al tesoro immaginaria, tra realtà e fantasia.
Probabilmente avrei recensito in maniera diversa “La ragazza con la macchina da scrivere” se non avessi letto il precedente dell’autrice, ovvero “L’annusatrice di libri“.
L’esordio di Desy Icardi mi era piaciuto tantissimo. Secondo me è stato uno dei romanzi più letti lo scorso anno soprattutto perché si tratta di un “libro sui libri” originale e divertente che non rientra nella categoria di quelli scritti solamente per far presa sui lettori (e quindi, per vendere).
Di conseguenza, le mie aspettative per “La ragazza con la macchina da scrivere” erano davvero molto alte. Non dico che siano state deluse, perché il libro scorre bene ed è piacevole, ma di sicuro mi aspettavo qualcosa in più, soprattutto di ritrovare quella magia che mi aveva fatto amare Adelina.
Protagonista del romanzo è Diana, una settantenne che ha avuto “un piccolo incidente” – per meglio dire, un ictus – e che si ritrova ad aver perso alcuni ricordi preziosi, sia dei giorni precedenti al suo malore che di quando era una ragazza.
Un dispettoso anello per le tende, in modo particolare, ha la tendenza a comparire un po’ ovunque e vorrebbe che qualcuno gli prestasse la giusta attenzione, ma il suo momento arriverà soltanto alla fine.
La vicenda si svolge su due piani temporali, il presente declinato alla seconda persona, e il passato, invece in terza. Senza dubbio le vicende del passato, che iniziano nel 1940 quando Diana ha appena 17 anni, sono le più interessanti. I brevi capitoli che riguardano il presente non riescono a essere coinvolgenti allo stesso modo e ogni tanto rischiano di cadere nella ripetitività.
Devo anche sinceramente ammettere che la storia prende tutta un’altra piega quando, sempre nelle vicende del passato, entra in gioco l’avvocato Ferro, personaggio amatissimo che abbiamo conosciuto ne “L’annusatrice di libri“. A mio modesto parere, quando c’è lui la povera Diana finisce per rimanere in ombra: Ferro le ruba la scena con il suo piglio, il suo amore per i libri, il suo senso pratico, la sua generosità.
La Diana settantenne, grazie alla sua compagna di vita, la Olivetti rossa, riuscirà piano piano a venire a capo di ogni cosa, mettendo in ordine ogni tassello e restituendo un senso a tutto quello che le era sfuggito. Peccato che dopo un lungo resoconto ricco di dettagli, il finale tenda a essere un po’ frettoloso. Mi sarebbe piaciuta qualche pagina in più, o comunque che la narrazione avesse lo stesso ritmo tenuto fino a quel momento.
Desy Icardi si conferma un’abile narratrice dallo stile semplice ma non banale. “La ragazza con la macchina da scrivere” è un romanzo piacevole e ben scritto ma, come dicevo all’inizio, una punta di insoddisfazione rimane dopo aver amato molto il libro precedente dell’autrice.
Spero di leggerlo presto anche io. Sebbene non ho letto L’annusatrice di libri mi incuriosisce davvero tanto ☺️☺️☺️