“Rosamund” di Rebecca West: un gran finale
Arriva oggi, 12 settembre, in tutte le librerie “Rosamund” il terzo libro della trilogia di Rebecca West iniziata con “La famiglia Aubrey“, e proseguita con “Nel cuore della notte“, tutti editi da Fazi. “Rosamund”, a mio avviso, è il romanzo più bello.
TRAMA – Mentre lo scintillio degli anni Venti cede il posto alla Grande Depressione, Mary e Rose sono ormai due pianiste famose. Girano l’America soggiornando negli alberghi più esclusivi e vengono accolte come star alle feste d’élite, dove lo champagne scorre a fiumi e gli invitati sono ricchi, affascinanti e privilegiati. Di pari passo al lusso e al successo, si trovano però ad affrontare una società crudele e la volgarità di chi si finge amante della musica senza realmente comprenderla. Ma soprattutto le due gemelle non riescono a colmare il divario tra presente e passato e a intessere nuove relazioni; prostrate dal dolore per la scomparsa della cara madre e dell’adorato fratello, subiranno anche l’allontanamento dell’unica persona che sarebbe in grado di dare valore alle loro esistenze: l’affascinante cugina Rosamund, che ha inspiegabilmente sposato un uomo avido e volgare, la quale abbandona il suo lavoro per viaggiare all’estero con lui. In questo faticoso percorso di maturazione emotiva e artistica, le due donne si aggrapperanno sempre di più l’una all’altra e troveranno rifugio e ristoro nell’affettuosa e pacata umanità degli avventori del Dog and Duck – il pub sul Tamigi –, che ai loro occhi paiono trasformarsi quasi in figure mitologiche. Eppure, mentre il loro senso di inadeguatezza nei confronti della realtà continua a crescere, e Mary si ritira sempre di più a vita privata, c’è una sorpresa che attende Rose: la più deliziosa delle scoperte, l’amore, con tutta la potenza di una sensualità ancora da esplorare.
Ho iniziato a leggere “Rosamund” con addosso sin da subito un senso di perdita. Sia per i protagonisti ai quali abbiamo detto addio nel libro precedente, sia perché sapevo che sarebbe stato l’ultimo di questa meravigliosa trilogia.
In questo romanzo, assistiamo a un vero e proprio cambiamento di alcuni dei personaggi, una trasformazione che abbiamo seguito passo passo ma che, nonostante questo, non ci coglie del tutto preparati.
A raccontare è sempre Rose, con il suo sguardo meravigliato e il suo modo di vivere le emozioni fino al limite, dondolandosi da un opposto all’altro come se fosse naturale. Sarà lei la vera sorpresa di questo libro.
Stavo riposando, eppure non stavo riposando, ero felice, ma ero disperata, cioè ero viva.
Se nella prima parte di “Rosamund” viene descritta la gioia per Nancy, nella parte centrale sarà proprio Rosamund a calamitare l’attenzione e a rimanere presenza/assenza lungo tutto il resto del romazo.
Rosamund sposerà un uomo terribile, sotto molto punti di vista e finirà per allontanarsi da Rose, Mary, e da tutti gli altri che compongono questa famiglia, anche senza legami di sangue.
Cosa ha spinto Rosamund a compiere quella scelta? Cosa le è successo? Dopo la morte della madre e del fratello, perdere la vicinanza di Rosamund sarà un colpo durissimo per Rose e Mary, reso ancora più incomprensibile dalla mancanza di risposte.
Spinta dalla tristezza e dalla nostalgia, Rose non farà che volgere continuamente gli occhi al passato, alla sua infanzia, alla quale è legata in modo così radicato da avere una visione sbagliata dell’amore. “Io appartenevo ad altri, a un piccolo gruppo che sarebbe rimasto per sempre completo in sé e chiuso al mondo esterno”, dice, convinta di non poter inserire nessun altro in questo “piccolo gruppo”.
Non posso amare nessuno a eccezione delle persone che amo da quando sono bambina. Mio padre. Mia madre. Richard Quinn, che sono morti. E Mary. E Rosamund. Non amerò mai nessuno come amo loro.
Ma, ovviamente, si sbagliava.
A cento pagine dalla fine del romanzo, il confronto tra Rose e il signor Morpurgo è stato toccante, così come la chiusura di quel capitolo:
Venne verso di me e io mi irrigidii per il disgusto, ero sicura che sarei morta quando mi avrebbe toccata, e invece, naturalmente, cominciai a vivere.
Rebecca West ci ha regalato un finale stupendo per questa trilogia che ho tanto amato. Ritornano i ritmi lenti e cadenzati, ma rispetto ai romanzi precendenti “Rosamund” è più ricco di avvenimenti, si legge con maggiore scorrevolezza e partecipazione.
Sarà che i personaggi ormai ci risultano familiari e sappiamo come muoverci in mezzo alle parole dell’autrice, ma probabilmente chi ha un po’ “sofferto” nella lettura dei primi due, con “Rosamund” farà meno fatica.
Conoscere e seguire la famiglia Aubrey è stato un viaggio indimenticabile.
a parte le numerosissime sequenze descrittive che continuamente interrompono la narrazione e il più delle volte costituiscono un esercizio letterario fine a se’ stesso, l’intero impianto risulta assurdo, il racconto di un’esaltata. Perchè la madre, Rosamund, Richard sono creature meravigliose il cui operato è stato “infinito” e altre facezie di questo genere? l’autrice lo dice, lo ripete ma non lo dimostra in eventi, discorsi ecc…Non mi piace