“Il destino dell’orso” di Dario Correnti: un seguito coinvolgente
Dopo “Nostalgia del sangue“, Dario Correnti (uno pseudonimo dietro cui si nascondono due autori di cui non si conosce ancora l’identità) torna in libreria con “Il destino dell’orso” (Mondadori). Una seconda prova convincente, con una trama ricca che vi terrà attaccati alle pagine.
TRAMA – In una valle svizzera, un giorno di luglio, un industriale milanese viene sbranato vivo da un orso. Marco Besana, giornalista di nera con troppi anni di lavoro alle spalle e altrettanta disillusione addosso, è costretto controvoglia a occuparsi di quella strana morte. Sarebbe facile archiviare il caso come un incidente di montagna se Ilaria Piatti, giovanissima reporter, perennemente precaria, non fosse convinta di avere davanti un serial killer. Molto più feroce di qualunque animale. Ilaria e Marco, accompagnati dal cane Beck’s, lasciano Milano e partono per l’Engadina. E lì scoprono una catena di morti orribili e misteriose, tutte apparentemente accidentali: un uomo caduto in un crepaccio, uno carbonizzato nel suo aereo privato, un altro mummificato in un bosco. La sequenza non può essere casuale. Anche se la polizia locale non collabora e in redazione nessuno crede in loro, i due cronisti non si danno per vinti. Sono sicuri di avere di fronte un soggetto molto pericoloso, che uccide le sue vittime con armi non convenzionali, in modi originali e sofisticati. E sembra ispirarsi alla più famosa avvelenatrice seriale del Settecento, Giovanna Bonanno, conosciuta come la Vecchia dell’Aceto. Il racconto trascina il lettore in un labirinto di false piste e colpi di scena, ai piedi di splendide montagne che, impassibili e sinistre, osservano dall’alto le mosse di un assassino diabolico, sfuggente. Torna l’indimenticabile coppia di Nostalgia del sangue, caso editoriale internazionale, in un thriller altrettanto sorprendente e serrato, un meccanismo a orologeria reso ancora più perfetto dal talento di Dario Correnti nel costruire personaggi densi, pieni di chiaroscuri, debolezze e coraggio. Personaggi destinati a rimanere nel cuore di tutti noi.
Devo dirlo, è stato piacevole e avvincente ritrovare Marco Besana e Ilaria Piatti. Questo improbabile duo torna con una nuova indagine, narrata ne “Il destino dell’orso“, anche questa volta molto articolata, che poggia sulle orme del passato e con un finale davvero sorprendente.
Se non fosse per Ilaria, Marco se ne resterebbe a fare il minimo indispensabile: ormai è quasi in pensione e, peggio ancora, del tutto disilluso. Ha visto il mestiere del giornalista cambiare, è passato dall’essere rispettato all’essere demonizzato, si rompe le palle quando deve seguire i corsi di formazione obbligatori (Marco, hai tutta la mia comprensione) e non capisce perché un cronista di nera debba farsi un profilo Instagram.
Ilaria invece questo mestiere lo ha iniziato da poco, ma ha già capito quali sono i meccanismi. Sa che arriverà un “grazie” con una stretta di mano e non un contratto, che dovrebbe pretendere di meno in un momento di grave crisi. Ma, anche nel suo caso, non è una questione di scelte: Ilaria non vuole fare la giornalista, lei è una giornalista.
Con un grande istinto per la notizia e per la caccia agli assassini. Sarà lei, infatti, a pensare per prima che sulla morte di un industriale milanese, sbranato da un orso, c’è qualcosa che non torna. E così trascinerà Marco e il suo cane Beck’s in Svizzera.
Lì scopriranno una serie di morti strane, che sembrano colpire nello stesso ambiente, ma quale sarà il legame? E chi ci sarà dietro?
Diversi sono i punti di forza de “Il destino dell’orso“. Intanto una scrittura scorrevole e una storia perfettamente articolata. Capitoli brevi si susseguono dando al lettore sempre nuove informazioni, dettagli, indizi e false piste. Dalla metà in poi sarà difficile posare il libro, perché la curiosità e la voglia di sapere prenderanno il sopravvento.
Un altro aspetto importante è il lavoro di ricerca fatto dagli autori. Da una parte la vicenda viene narrata accostandola a quella di Giovanna Bonanno, una figura ben nota ai palermitani, soprannominata la Vecchia dell’Aceto. Dall’altra mi ha affascinato moltissimo la parte dedicata alle piante e alle loro proprietà, ai veleni e ai loro effetti sull’uomo.
E poi ovviamente ci sono loro, i nostri due protagonisti, che smettono di essere solo e soltanto dei giornalisti, come forse succedeva nel primo volume, e si concedono di più al lettore.
Marco Besana dovrà destreggiarsi tra il ruolo di ex marito e di padre di un adolescente che muove i primi passi verso l’età adulta, e quello di uomo che ha ancora bisogno di perdersi nel calore di una donna.
Ilaria, invece, si mostrerà quasi per la prima volta, nelle sue fragilità e nella sua emotività così complessa. Dovrà fare i conti con il passato, con la storia tragica della sua famiglia, e nel presente sarà costretta – ancora una volta – ad accostare l’amore al dolore.
L’unica cosa che a un certo punto mi ha fatto storcere il naso sono gli aneddoti di cui Besana infarcisce quasi ogni conversazione. All’ennesimo “Questa storia mi ricorda…”, o “Mi viene in mente di quella volta…”, ho alzato gli occhi al cielo, lo confesso.
Per carità, sono tutti episodi di grande interesse, però io ne avrei tolto qualcuno… Non appesantiscono la lettura, ma in alcune occasioni mi sono sembrati un in più che forse si poteva eliminare.
Ad ogni modo, “Il destino dell’orso” è un giallo davvero ben scritto che rivela continue sorprese, un secondo capitolo che corregge alcuni aspetti del primo libro e che fa ben sperare per il prossimo.
Perché mica vogliamo fare andare in pensione Besana, vero?