“La statua di sale” di Gore Vidal: uno stile che non mi ha emozionata
Il romanzo scelto questo mese dal gruppo di lettura nato all’interno dell’enoteca letteraria Prospero è stato “La statua di sale” di Gore Vidal (Fazi). Ne abbiamo parlato ieri pomeriggio (brave noi, non ci siamo fatte nemmeno una foto!) e oggi vi lascio le mie impressioni.
TRAMA – La statua di sale è la storia di Jim Willard, figlio “normale” di una famiglia della media borghesia del Sud: bello, atletico e schivo. E innamorato del suo migliore amico. Dopo un weekend d’amore insieme a lui, Jim trascorrerà molti anni ricercando Bob ostinatamente, e nel frattempo nessuno dei suoi amanti riuscirà ad avere il suo cuore: né Ronald Shaw, corteggiatissimo divo di Hollywood, né Paul Sullivan, scrittore giramondo, né Maria, affascinante ereditiera dalla quale Jim è inutilmente attratto. Fino all’incontro finale con Bob, l’amore della sua giovinezza, che riserva un potente colpo di scena. Nel 1947 Gore Vidal era un giovane di ventidue anni, già apprezzato dalla critica per Williwaw, un romanzo di guerra. Lanciato sulle orme del nonno verso una brillante carriera politica, si trovò a un bivio: aveva finito di scrivere The City and the Pillar – tradotto con La statua di sale per rispettare la citazione del passo di Lot dalla Genesi –, un romanzo dichiaratamente omosessuale. Con questo romanzo Vidal scandalizzò l’America, suscitando reazioni isteriche. Il suo editore newyorchese, E.P. Dutton, lo odiò. Un vecchio editor gli disse: «Non sarai mai perdonato per questo. Tra vent’anni ti attaccheranno ancora». Il «New York Times» rifiutò di pubblicizzare il libro, nessun giornale americano lo recensì e «Life» (che l’anno prima aveva fotografato Vidal in uniforme accanto alla sua nave) lo accusò di aver fatto diventare omosessuale la più grande nazione del mondo. In poche settimane il libro divenne un bestseller.
La prima considerazione che è emersa parlando de “La statua di sale” è stata che probabilmente questo libro abbia “fatto il suo tempo”. Oggi una storia omosessuale non fa scandalo, non suscita “reazioni isteriche” (o meglio, non di massa) e su questo potrei essere d’accordo. Però secondo me questo testo non resiste al tempo non perché oggi alcuni tabù siano crollati, ma perché manca quell’emotività così coinvolgente da renderlo universale.
Su questo aspetto non ci siamo trovate tutte d’accordo. C’è stato chi l’ha apprezzato proprio perché Jim, il protagonista de “La statua di sale“, è schivo, si sottrae, non rivela praticamente nulla di sé se non il suo amore (o forse sarebbe più corretto dire la sua ossessione) per Bob, il compagno di scuola con cui fece la sua prima esperienza sessuale. Io invece non ho amato questo impronta “superficiale” nel raccontare la sua vicenda, il suo percorso, che si compie lontano dagli occhi di chi legge.
L’autore stesso, nella prefazione (che vi consiglio di leggere dopo aver letto il libro) dichiara: “Decisi di scrivere la storia in una prosa piatta e grigia. Volevo che la prosa fosse piana e dura”. Se era questa l’intenzione allora posso dire che c’è riuscito in pieno! Purtroppo, però, le mie preferenze in fatto di stile sono molto lontane dal suo.
E dire che di materiale ce ne sarebbe stato. Quando Bob si imbarca, lascia Jim a frequentare l’ultimo anno di scuola. Dopo il diploma anche Jim andrà per mare alla ricerca dell’unico uomo che crede possa renderlo felice. Passeranno così sette anni, in un turbinio veloce fatto di tutto e di niente. Jim incontrerà diverse persone di cui l’autore ci fornisce dettagli, paure, fragilità, molto più di quanto non faccia con il suo protagonista. Maria, il personaggio che più ho apprezzato, avrebbe meritato un romanzo tutto suo.
Come dicevo prima, Jim si sottrae al lettore: se nella prima parte è lui stesso a essere confuso sul suo orientamento sessuale, verso la fine, a cena con la sua famiglia dopo tanti anni lontano, si sente quasi in trappola perché non può dire apertamente chi sia. A quel punto mi sono chiesta: ma quando ha preso consapevolezza? Quando si è accettato? Cosa è cambiato? Domande che rimangono senza risposta.
Durante il gruppo di lettura, Viviana ha detto che probabilmente Vidal con “La statua di sale” ha voluto dare una sorta di “panoramica” dell’ambiente gay, descrivendo le varie declinazioni in cui l’omosessualità viene vissuta e mostrata agli altri. Le critiche di Jim verso alcuni atteggiamenti sembrano essere le critiche dello stesso Vidal. Una chiave di lettura che ho trovato interessante, ma che, dopo alcune riflessioni, non mi ha fatto cambiare idea sul romanzo.
Vorrei lasciarvi anche una piccola considerazione sul finale, cercando di non far trapelare nulla: non sono rimasta convinta nemmeno da quello. Forse avrei preferito l’originale, di cui l’autore ci parla nella prefazione, o forse un epilogo differente quando Jim si ritrova da solo. Parlandone ieri ci siamo chieste se l’azione che compie alla fine sia in linea con il personaggio che viene tratteggiato lungo tutto il romanzo, se un gesto del genere fosse coerente. Ci siamo date risposte differenti, ma tutte eravamo convinte, arrivate alle ultimissime battute, che avremmo letto un’altra fine.
Ancora una volta confrontarsi è stato molto interessante, speriamo che con il prossimo romanzo vada meglio!