“La circonferenza di una nuvola” di Carolina Capria: non è mai “solo” un disturbo alimentare
Non è mai “solo” un disturbo alimentare. “La circonferenza di una nuvola” romanzo di Carolina Capria edito da Harper Collins, sembra sbatterci in faccia, con grazia e prepotenza, questa lancinante verità.
TRAMA – Lisa ha sedici anni, guarda il mondo come se non ne facesse parte e ogni tanto pensa cose cattive di cui non si vergogna. Ha smesso di mangiare perché le sembra un buon modo per poter finalmente sparire. Dopo inutili tentativi di cure, viene portata dai genitori in un istituto, Villa Erica. Qui conosce tre ragazze che soffrono di disturbi alimentari come lei. Susi, che di anni ne ha quindici, e non ricorda né un giorno nel quale qualcuno non l’abbia chiamata Cicciona, né uno nel quale mangiare fino a sentirsi male non sia stato l’unico modo per sedare l’infelicità. Reda, dodici anni e i passi leggeri, ha iniziato a rifiutare il cibo per compiacere l’insegnante di danza classica e ha continuato fino a quasi scomparire in un maglione troppo grande per lei. Mat ha deciso che voleva essere una ragazza spavalda, sicura e sempre pronta a mettere in difficoltà gli altri, e lo è diventata, nascondendo in un ricordo ciò che era veramente. I giorni passano sempre uguali, tra piccoli screzi e l’odiata ora del pasto, finché Lisa, per sbaglio, urta e fa cadere uno dei quadri appesi nel corridoio della casa di cura. Dietro la cornice è nascosto un messaggio firmato da un’anonima misteriosa. Il messaggio però non è l’unico, ce ne sono altri e tutti raccontano la storia di una ragazza che voleva disperatamente essere normale, tanto da inventare una vita diversa e custodirla dietro a quelle cornici. Lisa comincia così una specie di caccia al tesoro dentro e fuori Villa Erica, da cui fugge insieme alle tre nuove amiche per scoprire la verità sull’autrice e, forse, trovare con le sue compagne un nuovo motivo per combattere.
La storia di Lisa, sedicenne affetta da un disturbo alimentare in virtù del quale viene inserita in una clinica specializzata sul tema, ci accompagna per mano, passo dopo passo, nel tunnel di questo doloroso dato di fatto.
E i fatti che si snodano all’interno della storia, per l’appunto, sono scanditi dai passi che hanno condotto la ragazza fino a quel momento.
La narrazione, che diventa storia di amicizia complessa – ma quando mai non lo è? – e mistero intricato come i fili dietro i quali si nascondono messaggi criptati di una certa A. (forse di Pretty Little Liars memoria), viene inframmezzata da riflessioni della protagonista su quali sono stati i passaggi che l’hanno portata a essere vittima del suo disturbo alimentare.
Sono immagini forti, flash di vita lontana ma vicinissima, di quelli che si annidano nei battiti di ciglia di una quotidianità che spesso non lascia il tempo di riflettere. Riflessa davanti al finestrino dell’auto che la sta portando in clinica, Lisa si chiede quali siano stati i passi che l’hanno portata fino a qui.
E se i passi che separavano la casa di Peppino Impastato da quella di zu Tano erano cento e ben misurabili, quelli compiuti da Lisa sono tanti e invisibili, e passano per le micropressioni scolastiche, vissute anche e forse di più quando si è eccellenti, gli sguardi laidi di uomini che vanno evitati nascondendoti perché è il tuo corpo colpevole ad averli attirati, l’ammonizione della professoressa a non ridere in modo sguaiato perché le ragazze non ridono così, i commenti taglienti contro chi non è avvenente e tanto altro, in un circolo vizioso che cinge e stringe la vita della giovane protagonista. E quella vita, stretta e soffocata, si fa girovita ancora più stretto, fino a che il malessere interiore non straborda in quello esteriore.
“Se smetterò di essere malata fuori, come faranno tutti ad accorgersi che lo sono dentro?”.
È lo schiaffo più forte con cui la delicatezza della protagonista ci fa male. Ed è il dolore che deriva dalla consapevolezza più grande rilasciata dal testo: non è mai solo un disturbo alimentare.
E non è mai solo letteratura quella che, in atmosfere alla “Ragazze interrotte”, imbastisce una storia che passa dal buio per arrivare alla luce: quella della rinascita derivante dalla condivisione di esperienze che la giovane Lisa intraprende con Susi, Fran, Reda e Mat, abitanti provvisorie come lei di Villa Erica.
Come il piccolo museo di Zagabria che custodisce oggetti orfani di relazioni interrotte dimostra che il dolore quando è condiviso può diventare bellezza, la storia delle giovani ragazze interrotte di Villa Erica sottolinea che il dolore quando è raccontato può diventare universale. E può indurre a riflettere su quanto, quotidianamente, si possa fare in modo di evitarlo.
Nel diametro della circonferenza di una nuvola ci sono i commenti fatti con leggerezza sul fisico imperfetto altrui, le risate gracchianti rispetto a un aspetto non convenzionale, il senso di colpa indotto su curve troppo esibite, l’aspettativa social nei confronti del corpo femminile che diventa persecuzione sociale.
Nella circonferenza di una nuvola ci siamo tutti quanti.
E questi sono i passi che ci hanno portati fino a qui.