“La versione di Fenoglio” di Gianrico Carofiglio: una scelta coraggiosa

“La versione di Fenoglio” di Gianrico Carofiglio (Einaudi) è un libro molto particolare. Racchiude in sé tanti spunti di riflessione, forse in alcuni momenti perde di contatto con la realtà che siamo abituati a vivere, ma una cosa è certa: Carofiglio sa come usare le parole.

TRAMA – Pietro Fenoglio, un vecchio carabiniere che ha visto di tutto, e Giulio, un ventenne intelligentissimo, sensibile, disorientato, diventano amici nella piú inattesa delle situazioni. I loro incontri si dipanano fra confidenze personali e il racconto di una formidabile esperienza investigativa, che a poco a poco si trasforma in riflessione sul metodo della conoscenza, sui concetti sfuggenti di verità e menzogna, sull’idea stessa del potere. La versione di Fenoglio è un manuale sull’arte dell’indagine nascosto in un romanzo avvincente, popolato da personaggi di straordinaria autenticità: voci da una penombra in cui si mescolano buoni e cattivi, miserabili e giusti.

Lo ammetto subito: se non me lo avesse regalato mio padre io “La versione di Fenoglio” non lo avrei mai comprato. Carofiglio non è tra gli autori che seguo, non per un motivo in particolare in realtà, solo perché tendo a leggere altro. Ho letto anni fa i primi libri che ha pubblicato con Sellerio, mi sono piaciuti molto, ma poi ci siamo persi di vista, per così dire.

“La versione di Fenoglio” è primo in classifica nelle vendite da settimane ormai e l’ho iniziato parecchio incuriosita, anche perché mio padre non mi aveva saputo dire granché, mi aveva solo consigliato di leggerlo. E in effetti non è un romanzo semplice da raccontare, ho capito subito la sua difficoltà nel descrivermelo, ma vi posso dire che appena l’ho iniziato mi ha subito fagocitato.

Come si legge nella trama, Pietro Fenoglio è un carabiniere che sta per andare in pensione. Lo incontriamo mentre fa fisioterapia dopo un’operazione all’anca. Sente il peso degli anni Fenoglio, il peso di un lavoro che lo ha riempito di storie. Storie che sono diventate macigni perché non le ha mai condivise con nessuno.

L’investigatore è un costruttore di storie. E per costruire buone storie le parole sono importanti.

Il suo nuovo “compagno di terapia” sarà il giovane Giulio. Intelligente (forse un po’ troppo), curioso, insicuro, Giulio farà molte domande a Fenoglio, il quale si lascerà andare a ruota libera. Il punto di partenza sarà sempre l’indagine investigativa, dalla quale si partirà per poi arrivare a momenti di riflessione sulla vita e su concetti come la coscienza, il pregiudizio, l’ascolto, che sembrano vere e proprie pagine di filosofia, in cui spesso si intromette l’autore, mettendo per un momento da parte i suoi due protagonisti.

In molti ritengono che il bravo osservatore sia quello capace di cogliere l’essenza di una situazione con un rapido colpo d’occhio. In realtà è quasi il contrario. Nietzche ha detto che la filologia è l’arte di leggere lentamente; ecco, forse questa frase si può prendere a prestito per descrivere il metodo, e dunque l’arte, dell’indagine. Investigare è l’arte di osservare lentamente.

Fenoglio e Giulio sono entrambi in un momento della loro vita in cui sono incerti su ciò che li attende: Fenoglio non osa immaginare cosa significherà andare in pensione, smettere i panni del carabiniere; Giulio non sa cosa vorrà fare “da grande”, non ha ancora capito quale strada vuole imboccare. Nei loro incontri, e nel loro raccontarsi, troveranno insieme delle risposte e magari nuove domande, in un confronto che ha un’eco socratica. Sarà perché presto lasciano la sala dove fanno i loro esercizi per mettersi a camminare all’aperto, sarà perché sembrano maestro e allievo, sarà per il continuo interrogarsi e discutere sugli argomenti, ma mi è sembrato di tornare a leggere pagine dei dialoghi trascritti da Platone.

Traslare un momento di confronto e di riflessione di questo tipo, nel mondo contemporaneo, è stata un’operazione coraggiosa, bisogna darne atto. Devo dirvi che in alcuni tratti sembra che i due protagonisti perdano di autenticità perché il loro modo di parlare, di interrogarsi, stride con quello a cui siamo di solito abituati. E non dico solo nei romanzi, ma anche nella vita di tutti i giorni. Forse però “La versione di Fenoglio” va letta allontanandosi da questo pregiudizio, concedendosi solo il lusso di leggere pagine belle, scritte con sincero trasporto.

Un pensiero riguardo ““La versione di Fenoglio” di Gianrico Carofiglio: una scelta coraggiosa

  • 31 Marzo 2019 in 11:08 pm
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    Amo la scrittura di Carofiglio, scorrevole, vocabolario ricco, spunti colti ma porti con leggerezza. Le pagine avvincenti, si leggono senza soste . Ma quello che rimane nell’anima è la continua ricerca della verità , diversa in buona fede per ognuno di noi, dell’obbiettività quasi impossibile, del senso del bene e del male. Nei racconti del Maresciallo Fenoglio, nel desiderio di approfondire del suo giovane amico, si legge di noi stessi. Raccomandato ai “lettori” , specie umana che io adoro.

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