“Se ami qualcuno dillo”, di Marco Bonini: una storia molto dolce
“Se ami qualcuno dillo” di Marco Bonini (Longanesi) è un romanzo dolce, tenero, pieno di emotività ma anche molto divertente. Senza alcun dubbio, un ottimo esordio.
TRAMA – Roma, anni Ottanta. Marco, dieci anni, è innamorato cotto. Daniela è la bambina più bella del cortile e lui se la guarda tutti i giorni dal balcone. L’amore non corrisposto lo sta consumando, ma in casa c’è qualcuno molto più irritato di lui. Sergio, suo padre, non crede ai propri occhi: il suo figlio maggiore, rimbambito appresso a una femmina? Poi un pomeriggio, imbambolato dall’apparizione di Daniela sul terrazzo di fronte, Marco si lascia sfuggire una biglia che precipita per sette piani, centrando il parabrezza della macchina della signora Lelle. Sergio esce, guarda di sotto e finalmente urla contro il figlio il suo inappellabile Primo Comandamento: «Lo vedi a innamorasse che succede?… solo guai! Lascia stà le donne, so’ solo ’na perdita de tempo».
Roma, estate 2000. Marco, ventotto anni, fa l’attore, guida una decappottabile inglese e non si innamora più da un pezzo. Poi una mattina un telefono squilla in una stanza buia e cambia tutto. Sergio ha avuto un infarto, è in coma e potrebbe non risvegliarsi. La storia di Marco e di suo padre inizia da qui, dall’attimo in cui sfiorano la fine. L’infarto non uccide il corpo di Sergio ma resetta il suo cervello: al risveglio il vecchio Sergio, l’uomo tutto d’un pezzo che non sapeva fare una carezza ai suoi figli o dire ti amo a sua moglie (la quale, non a caso, l’ha lasciato), non c’è più. Al suo posto è arrivato un alieno, imprevedibile, folle e delizioso come un neonato che deve imparare da capo tutto del mondo degli uomini. Il nuovo Sergio non sa leggere né scrivere, ma balla, ride e sa quando fare una carezza o una dichiarazione d’amore. Sergio sa essere finalmente felice e sa insegnarlo agli altri. Marco è ancora in tempo per apprendere la nuova lezione?
Quando comincia una storia? È sempre difficile trovare un punto fermo che sia davvero quello giusto, quello scatenante. Marco è convinto che la sua storia abbia inizio quando lo chiamano perché suo padre Sergio ha avuto un infarto. Ce lo dice subito, sin dalle prime pagine, per poi tornare indietro, a quando era bambino, analizzando il rapporto con il padre; e dopo ancora fare un balzo in avanti, a raccontarci del rapporto con il figlio.
Ogni abbraccio che oggi io do a mio figlio è un abbraccio che avrei voluto ricevere ieri da mio padre, e che mio padre forse avrebbe voluto ricevere dal suo.
Una storia, quella di Marco, narrata attraverso le relazioni della sua vita, nelle quali finisce per rimanere incastrato anche il lettore. “L’ho scritto così, come se ve ne parlassi al bar”, ha spiegato Bonini raccontando il suo primo romanzo, dal titolo “Se ami qualcuno dillo“, ed è esattamente questa la sensazione che si prova leggendo questo libro. Quella sensazione di casa, di calore, della storia di un amico a cui vuoi bene, della sua famiglia alla quale in qualche modo ti sei legato.
“Vediamo un po’ cosa riesco ad ammettere con me stesso”, dice a un certo punto Marco in questo racconto che più che altro è una confessione, un’analisi, oppure il racchiudersi di una speranza per il futuro, narrato in modo dolce, spontaneo, diretto. Lo stile di Bonini non ha inutili fronzoli, non c’è una ricercatezza falsata, bensì una bellissima attenzione all’uso delle parole. Leggendo “Se ami qualcuno dillo” è subito percepibile l’amore che per il nostro scrittore/attore sente per le parole, si capisce quanto creda nel loro potere, le ha scelte con cura per consegnare a chi legge un storia che giunge dritta al cuore.
Credo che il suo lavoro, che torna spesso tra le pagine del libro, lo abbia aiutato anche a rendere i dialoghi più brillanti, più aderenti alla realtà. Mi ha fatto sorridere quando è entrata in scena Scarlet e con il suo modo di fare, con le sue battute sbagliate, ha un po’ scompaginato le carte.
Questa scrittura e questa narrazione così personali mi hanno portata a chiedermi quanto spesso la bilancia oscilli tra verità e finzione, mi ha reso curiosa, forse perché le emozioni sono raccontate in modo vivido, le riflessioni di Marco si fanno via via sempre più a cuore aperto e finisci per essergli vicino per davvero a questo ragazzino che diventa uomo.
Segui il suo percorso, scandito sempre e solo da un’unica figura, ingombrante, svilente, totalizzante:
Mio padre è la chiave di volta di tutta la mia vita. Mio padre è il modo in cui guardo mia madre, il modo in cui gioco con mio figlio, il tono con cui mi rivolgo alla madre dei miei figli. Mio padre è il sorriso che rivolgo a una donna. La leggerezza con cui scherzo con i miei amici. Mio padre è il sottotesto di tutti i personaggi che interpreto come attore, è il giudice incontrastato della mia intera infanzia.
E siccome le parole sono importanti, Marco ricorderà sempre quelle che gli diceva suo padre, anche dopo che lui è rinato, è uscito dal coma e ha resettato tutto, ricominciando dal principio e in un modo del tutto nuovo, inaspettato. Il loro rapporto subirà un drastico cambiamento, ma quelle parole, quei gesti negati, rimarranno sempre lì, in un angolo del cuore di Marco, che faticherà a lasciarle andare. Perché nonostante lui sia cresciuto lontano dall’ombra del padre, certe cose si ereditano comunque. Marco però ne è consapevole e il lettore anche scoprirà qualcosa di sé leggendo la sua storia.
E poi, dopo che ha confessato che, quand’è fatta bene, di carbonara ne potrebbe mangiare anche un chilo come si fa a non volersi sedere a tavola insieme a lui?
“Se ami qualcuno dillo” è una storia che, come dicevo all’inizio, è molto tenera e a tratti davvero divertente. Una lettura piacevole che mi ha accompagnata in giorni complicati, rendendoli più dolci.