“Le ragazze con le calze grigie” di Romina Casagrande: una bellissima scoperta

Il primo libro del Prospero dei lettori, il circolo nato all’enoteca letteraria Prospero da un’idea della padrona di casa, Cinzia Orabona, è stato “Le ragazze con le calze grigie” di Romina Casagrande (Arkadia Editore). Sono certa che non avremmo potuto iniziare meglio! Abbiamo avuto la fortuna di parlarne direttamente con l’autrice, che si è donata senza riserve, e il confronto ha alimentato diversi temi di riflessione.

TRAMA – Vienna, 1918. Egon Schiele, il pittore più dissacrante e controverso di Vienna, si appresta a terminare la sua ultima opera, La famiglia. Sul quadro, di notevoli dimensioni, raffigurerà una piramide di corpi nudi, che culmina nel ritratto di se stesso. Ai suoi piedi una donna, tra le cui gambe è accovacciato un neonato. Soltanto Egon rivolge lo sguardo allo spettatore, avvicinando una mano al petto quasi a chiedergli di ascoltare la sua storia. La donna è Edith Harms, la giovane moglie che, nella stanza accanto, lotta tra la vita e la morte e che porta in grembo il figlio che forse non nascerà mai. Ma la stanza in cui Egon lavora, combattendo contro il tempo e un dolore antico, è piena di altri quadri, di bozzetti e appunti che raffigurano donne giovani e bellissime, i ricordi di una vita. Soltanto due di loro, però, lo hanno cambiato e amato al punto che ora quasi confonde il volto della donna che sta raffigurando: gli occhi buoni e ingenui di Edith, il sorriso malizioso e affascinante di Wally. Prende avvio da qui una storia travolgente, che attraversa le vite dei personaggi che hanno ruotato intorno alla figura di Schiele e che ne hanno ispirato l’opera. Un romanzo potente, in cui la vita e l’arte si confondono in una tela fatta di carne, sangue e sentimenti.

La prima cosa che voglio sottolineare parlando de “Le ragazze con le calze grigie” è che si tratta di un romanzo pieno di vita, di amore, di passioni e di dolore. Questo lo rende universale, il suo approccio alle emozioni è denso di significato e accessibile a chiunque: lo sottolineo perché non vorrei che qualcuno possa decidere di non avvicinarsi a questo romanzo dopo aver letto che si tratta di un libro su Egon Schiele. Buttate via ogni riserva e lasciatevi trasportare dalle parole di Romina Casagrande.

L’autrice traccia alcuni anni della vita del pittore ma lo fa attraverso gli occhi delle due donne che gli sono state più vicine: prima Wally, la sua musa, la sua amica e amante, il suo fuoco rosso; dopo Edith, moglie rassicurante, comoda, a suo modo preziosa ma comunque mancante.

Per lungo tempo ne “Le ragazze con le calze grigie” a parlare sarà Wally, una ragazzina di 16 anni che decide di posare come modella per il pittore per guadagnare un po’ di soldi da portare a casa. Cresciuta in una famiglia indigente, senza un padre, ha già conosciuto la parola abuso, vive di storture e sfocature fino a quando non incontra gli occhi di Egon e si perde in quell’abisso.

L’incredibile lavoro di ricerca che ha svolto Romina Casagrande, che ci ha confidato essere stato più semplice essendo bilingue e conoscendo il tedesco, ha fatto sì che ne “Le ragazze con le calze grigie” storia e narrazione si mescolassero in modo fluido, senza scossoni. Nel testo sono state inserite delle citazioni dagli scritti autografi dei protagonisti, in alcuni casi segnalate a uso del lettore, e in più di un’occasione ho pensato che quelle scene non avrebbero potuto svolgersi diversamente da come le ha descritte l’autrice. È molto bello anche accompagnare la lettura del romanzo alla visione delle opere di Schiele, per entrare ancora meglio in quelle descrizioni.

A dare forza al testo è sicuramente la scrittura evocativa dell’autrice ma anche la pienezza dei personaggi. Come dicevo, Wally occuperà quasi tutto il libro e sarà impossibile non empatizzare con lei, con la sua sofferenza e con il suo profondo amore.

Io mi sentivo uno dei tasti neri. Non li ho mai capiti, i tasti neri.

Quando prenderà la parola Edith sarà come uno strappo per il lettore. Io mi sono chiesta più volte: “E Wally?”, sentendo continuamente la sua mancanza.

Romina Casagrande mi ha confermato che la sua scelta è stata intenzionale, quasi per avvicinare il lettore ancora di più a Egon che per primo soffrità per quella privazione. Il pittore, infatti, dopo le accuse che gli sono state mosse per i suoi quadri e per il suo comportamento ambiguo con alcune bambine, farà la scelta più “opportuna” sposando una fanciulla di buona famiglia, istruita, vergine. Una donna che può inserirlo nei salotti di quella Vienna che lui tanto ama e odia.

Da lettrice non è stato semplice avvicinarmi a Edith, ma devo dirvi che in poche pagine il suo personaggio mi ha stupita. Si è mossa in totale contrasto con Wally, si è adeguata alla situazione per poi girarla a suo vantaggio. Edith ed Egon rimarranno poco tempo insieme prima di morire, e nonostante il fantasma di Wally sapranno amarsi a loro modo.

Ci sono alcune chiavi narrative usate Romina Casagrande che meritano un cenno per il modo in cui riescono a far presa sul lettore. La prima è la costante messa a fuoco sullo sguardo di Egon: “Occhi profondi che celavano domande e inquietudini contro cui non smetteva mai di combattere e da cui non si concedeva mai una tregua”. Quegli occhi hanno un modo loro di vedere le cose, di osservare le persone, un’attenzione che spesso gli altri non comprendono, sebbene abbiano la presunzione di farlo.

“Sappiamo cosa si prova a essere guardate a quel modo. Il modo in cui riescono a farti sentire”, dirà un’altra modella a Wally. In un continuo gioco di specchi, Wally si vedrà attraverso gli occhi di Egon ma solo nei suoi dipinti, imparerà a conoscersi guardando il modo in cui lui la ritrae, quasi sdoppiandosi, quasi non capendo più quali siano i confini e chi li abbia tracciati. E ancora Egon dirà, per dare forza a questa sua visione: “Noi guardiamo il mondo e le cose, ma è soltanto il pittore a vedere davvero”.

Insieme allo sguardo, l’autrice sottolinea il rapporto tra arte e vita che non conoscono una separazione nella mente del pittore. “Prima o poi Egon avrebbe dovuto decidere tra arte e vita. Perché non possono coincidere. Non nel mondo reale. Ma questo, Egon, faticava ad accettarlo”. Questo sforzo gli costerà caro, lo scotterà sulla propria pelle, portandone i segni fino alla fine, stanco di spiegare quello che dipinge.

E poi, il punto più doloroso.

Ogni quadro, ogni sbuffo di colore tracciato dalla sua mano era parte di lui. Una parte profonda e oscura. Di ciò che era, del bambino che in un pomeriggio di bruma aveva scoperto un teschio nel bosco. Di un figlio che aveva visto il padre ammalarsi e impazzire. E morire. Di una madre indifferente. Era la sua paura di morire, il suo bisogno arrogante di essere ricordato per sempre. Di essere amato.

Alla fine sta tutto lì, nel bisogno di essere amati. Egon, nonostante si credesse superiore, nonostante preferisse guardare le cose dall’alto (e non in senso metaforico), nonostante credesse che gli altri non lo capivano, avvertiva continuamente il bisogno di condividere quello che provava, di mostrare al mondo la propria arte. Dipingeva in modo metodico, scrupoloso; ha prodotto tantissimo pur essendo morto molto giovane, in una costante smania di “essere ricordato per sempre. Di essere amato”.

Romina Casagrande ne “Le ragazze con le calze grigie” ci consegna delle fragilità di cui spetta a noi prenderci cura. In attesa del suo prossimo romanzo.

Un pensiero riguardo ““Le ragazze con le calze grigie” di Romina Casagrande: una bellissima scoperta

  • 7 Marzo 2019 in 6:52 am
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    Mi hai davvero incuriosito. Anche questo inserito nella lista dei da leggere.
    Grazie soprattutto per aver specificato che si tratta di un libro universale, pieno di vita, perché io ho all’inizio della lettura della recensione ho avuto il dubbio di cui parli tu: sarà leggibile visto che tratta di un artista ed i libri sull’arte a volte sono criptici?
    Quindi grazie per aver dissipato le mie riserve ed aver stuzzicato ancora di più la mia curiosità.
    Francesca

    Risposta

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