“The Outsider” di Stephen King: il Re non delude mai
Stephen King è tornato da qualche giorno in libreria con il suo nuovo romanzo, “The Outsider” (Sperling & Kupfer) e, ancora una volta, non delude.
TRAMA – La sera del 10 luglio, davanti al poliziotto che lo interroga, il signor Ritz è visibilmente scosso. Poche ore prima, nel piccolo parco della sua città, Flint City, mentre portava a spasso il cane, si è imbattuto nel cadavere martoriato di un bambino. Un bambino di undici anni. A Flint City ci si conosce tutti e certe cose sono semplicemente impensabili. Così la testimonianza del signor Ritz è solo la prima di molte, che la polizia raccoglie in pochissimo tempo, perché non si può lasciare libero il mostro che ha commesso un delitto tanto orribile. E le indagini scivolano rapidamente verso un uomo e uno solo: Terry Maitland. Testimoni oculari, impronte digitali, gruppo sanguigno, persino il DNA puntano su Terry, il più insospettabile dei cittadini, il gentile professore di inglese, allenatore di baseball dei pulcini, marito e padre esemplare. Ma proprio per questo il detective Ralph Anderson decide di sottoporlo alla gogna pubblica. Il suo arresto spettacolare, allo stadio durante la partita e davanti a tutti, fa notizia e il caso sembra risolto. Solo che Terry Maitland, il 10 luglio, non era in città. E il suo alibi è inoppugnabile: testimoni oculari, impronte, tutto dimostra che il brav’uomo non può essere l’assassino. Per stabilire quale versione della storia sia quella vera non può bastare la ragione. Perché il male ha molte facce. E King le conosce tutte.
Vero: King conosce ogni faccia del male. Con “The Outsider” ce ne consegna una nuova che però attinge dalla tradizione, dall’Uomo nero che ogni bambino ha temuto, andando ad alimentare i nostri peggiori incubi. Sono quasi vent’anni che questo scrittore non mi fa dormire sonni tranquilli, eppure sono ancora qui con un altro suo libro in mano! “The Outsider” mi ha tenuta incollata alle sue oltre 500 pagine, in un crescendo di tensione tipico dei romanzi del Re.
Come si legge nella trama, tutto parte con il brutale omicidio di un bambino in un tipico paesino americano, con le caratteristiche che abbiamo imparato a conoscere specie grazie alle serie tv. La prima parte del romanzo è incentrata sulle indagini, si dipana proprio come un thriller classico con tanto di deposizioni, interrogatori e raccolta delle prove. Ma qualcosa non torna sin da subito perché l’uomo che le prove indicano come il colpevole è la persona più insospettabile. Per di più, ha un alibi di ferro. Come è possibile che coach Terry fosse in due posti diversi, a km di distanza, nello stesso momento?
A pagina 176 il primo colpo di scena che mi ha trovata del tutto impreparata. Ero convinta che la narrazione sarebbe andata avanti diversamente. Capite bene che, sapendo di avere davanti altre 350 pagine, ho cominciato a chiedermi dove questa volta Stephen King sarebbe andato a parare…
C’è qualcosa di brutto in questa storia, e più cose scopri, più brutta diventa.
Non sarebbe un libro di Stephen King se al thriller non viaggiasse parallelo il soprannaturale. E nel farlo, in “The Outsider” il Re usa il jolly, facendo scendere in campo nuovamente Holly Gibney che abbiamo conosciuto nella trilogia con l’indimenticabile Bill Hodges (“Mr. Mercedes”, “Chi perde paga” e “Fine turno”). Sarà lei a guidarci per mano, a dirci in più di un’occasione che “l’universo non ha confini” e che proprio per questo non dobbiamo fermarci al possibile, senza dare una possibilità a quello che crediamo impossibile.
La gente è cieca a qualunque spiegazione che esuli dalla sua percezione della realtà.
In un crescente di angoscia, di paura e tensione, King ci fa conoscere l’Uomo nero, con i suoi mille volti e le fragilità tipiche di un essere umano. Quello che più amo dei romanzi di questo autore, oltre all’incredibile lavoro di ricerca che sta alla base della creazione di ogni nuovo mostro, è la vividezza delle delle scene descritte. Ci sono alcuni passaggi narrati quasi minuto per minuto, per far immergere del tutto il lettore e coinvolgerlo nel terrore che assale i protagonisti nel romanzo. La scrittura di Stephen King è avvolgente, cattura chi legge e lo intrappola nei fili che lentamente sono stati tessuti.
Anche in questo caso, però, non è un romanzo fine a se stesso. Ho trovato illuminanti alcune cose che dice Holly, prima di incontrare The Outsider, quando nessuno riesce a crederle. “Pensi sia più inesplicabile di tante cose terribili che capitano al mondo? Non parlo di disastri naturali o incidenti, ma delle cose che certe persone fanno al prossimo”.
Viviamo in un momento storico in cui il male si annida davvero ovunque. Non è difficile cogliere in questo passaggio un riferimento alla brutalità di quest’era in cui il prossimo è visto il più delle volte come un nemico, qualcuno da cui scappare o da sconfiggere. King anche questa volta ci lancia un messaggio, ci dice di stare attenti ma allo stesso tempo di avere fede nel prossimo. È rischioso, sì, ma il più delle volte non abbiamo scelta.
“The Outsider” mi è piaciuto tanto, mi è dispiaciuto solo che il confronto finale si esaurisca in poche pagine. Come dice Holly ci sono un sacco di perché che rimangono senza risposta ma forse è anche giusto così. “L’universo è senza confini” e provare a trovare una spiegazione a ogni cosa sarebbe uno sforzo inutile. Aprire la mente quello sì che vale la pena farlo.