Questa volta leggo “Il senso dell’elefante” di Marco Missiroli
Nuovo appuntamento con la rubrica “Questa volta leggo“, nata da un’idea di Laura (La Libridinosa), Chiara (La lettrice sulle nuvole) e Dolci (Le mie ossessioni librose). Il tema di questo mese è “Un libro con la copertina blu” e io ho scelto “Il senso dell’elefante” di Marco Missiroli (Guanda).
TRAMA – La devozione verso tutti i figli, al di là dei legami di sangue: è il senso dell’elefante, codice inscritto in uno dei mammiferi più controversi, e amuleto di una storia che comincia in un condominio di Milano. Pietro è il nuovo portinaio, ha lasciato all’improvviso la sua Rimini per affrontare un destino chiuso tra le mura del palazzo su cui sta vegliando. Era prete fino a poco tempo prima, ora è custode taciturno di chiavi e appartamenti, segnato da un rapporto enigmatico con uno dei condomini, il dottor Martini, un giovane medico che vive con moglie e figlia al secondo piano. Perché Pietro entra in casa di Martini quando lui non c’è? Perché lo segue fino a condividere con lui una verità inconfessabile? In questo romanzo Marco Missiroli va al cuore della sua narrativa, raccontando il sottile confine tra l’amore e il tradimento, il conflitto con la fede e la dedizione verso l’altro. A partire da una semplice, terribile domanda: a cosa siamo disposti a rinunciare per proteggere i nostri legami?
N.C.
Quando qualche settimana fa sono entrata in Feltrinelli, “Il senso dell’elefante” di Marco Missiroli era posto su una mensola di piatto. La prima cosa che ho pensato è stata: “Sarebbe perfetto per il tema del Questa volta leggo di ottobre!”. Ho letto la trama e ho deciso di prenderlo. Risultato? Me ne sono pentita amaramente.
Purtroppo non riesco a trovare una sola cosa che mi sia piaciuta di questo libro. Posso però facilmente elencarvi quelle che non mi sono piaciute.
Cominciamo dalla punteggiatura. Ho letto in rete, tra i tanti commenti a una stella, lamentele per la mancanza di punteggiatura nei dialoghi. Ora, potrebbe anche non darmi fastidio, anche se in linea generale #IoStoConLaPunteggiatura, ma quando diventa una scelta di ricercatezza più che un’esigenza non la comprendo. Il punto è che non manca sempre, in tutti i dialoghi, solo in alcuni momenti. Non chiedetemi quale sia il senso perché non l’ho capito.
Andiamo ai personaggi del libro: li ho trovati tutti privi di autenticità. Forse l’unica che salvo è Paola. Si muovono e sembra che nemmeno loro sanno da cosa siano spinti, non esiste nessun tipo di emotività, solo questo senso di continua angoscia, come la foschia perenne su Milano che viene descritta nel romanzo. Una cosa su tutte: molti usano gli stessi vocabili, il che mi fa intendere che da parte dell’autore non ci sia stata una reale caratterizzazione. Esempio: sia Pietro che l’avvocato, in due contesti e momenti differenti, usano il verbo “crepare” al posto di “morire”. Sembrerà una stupidaggine, ma un termine così già inquadra un personaggio, ripeterlo e metterlo in bocca a due uomini così diversi mi ha dato la sensazione che Missiroli non abbia riservato la giusta attenzione ai suoi protagonisti.
Pietro è chiuso in se stesso, non si lascia minimamente scoprire dal lettore ed entrare in empatia con lui è praticamente impossibile. Come se non bastasse, l’autore racconta questa storia come una sequela di fatti: Pietro si lava, divide la posta, va al bar, poi torna in portineria, poi fa quello, poi quell’altro. Un elenco. Ma chi lo vuole leggere un elenco? Io no.
Mi aspettavo una storia che mi avrebbe colpito emotivamente, una storia che parla di legami, di famiglia, di amore e invece niente. O meglio, la storia ci sarebbe anche, ma è persa in mezzo a una scrittura piatta, priva di picchi emozionali, a uno stile al quale accostarsi per me non è stato facile, non perché non sia comprensibile ma perché l’ho trovato fasullo, distorto. Sottolineo “per me” dato che ho letto anche lodi sperticate su questo libro…
Un’ultima nota è per il finale. Avevo già intuito dove l’autore volesse andare a parare e non ho condiviso per nulla la sua scelta. L’ho trovata una scappatoia fin troppo facile e del tutto ingiustificata.
Vi lascio le altre tappe della rubrica sperando che il mese prossimo, nel quale è previsto un “Romanzo storico”, vada meglio!
Non conosco né autore né libro ma non mi sembra molto nelle mie corde
Okay. Passiamo oltre che è meglio!
Credo che questo libro potrebbe darmi sui nervi!
decisamente no e passo oltre. Non capisco e non condivido la scelta di non usare la punteggiatura. #ancheiostoconlapunteggiatura
Non conosco né autore né titolo, ma mi vien da dire: “Non ti curar di loro, ma guarda e passa”
Concordo pienamente con te. Di questo libro, letto anni fa, non ricordo praticamente nulla, se non il fatto che leggendolo, l’ho trovato poco coinvolgente.
ma che peccato però! 😦
anche io mi accodo ai commenti delle nostre amiche blogger, passo!
Non l’ho mai letto Missiroli, la copertina non mi avrebbe mai attirata, quindi sono salva!
Peccato, la trama sembrava proprio intrigante!
Passo stravolentieri!
Non conosco l’autore e mi dispiace per la tua esperienza deludente ma sono felice di non aggiungere un altro titolo alla lista dei libri da acquistare!
Peccato, la trama sembrava intrigante!
Decisamente non fa per me ma…. posso prendere un biscotto?
Non conosco l’autore e credo quindi che rimanderò l’incontro a un domani molto lontano. O a mai.
Ciao da Lea
Brividi al pensiero della punteggiatura inesistente. Spiace per te, ma sono contenta di non avere un titolo da aggiungere alla lista 😉
Bene, un libro da non comprare!
Al N.C. mi è preso un colpo! E che è? Mi sono chiesta. Poi letta la recensione ho capito e, anche se non lo avevo in Wish List, l’ho depennato lentamente. Certo, mi bastava pure la faccenda della punteggiatura per scappare davanti a questa copertina: perché impelagarsi in una cosa inutile?? Mah…
#IoStoConLaPunteggiatura
Ciao Azzurra,
devo dire che a me già dalla trama questo libro non attira, la tua recensione poi mi ha fatto capire che per me è un no categorico…
Meno male un libro in meno da aggiungere.
Pensa che questo libro non mi ha mai attirato. Ho fatto bene a non prenderlo mai in considerazione.
onestamente non mi ispira proprio…però chissà..
Non conoscevo questo libro però già la trama non m’ispirava e dopo la tua recensione penso proprio che ne starò lontana
I libri senza punteggiatura nei dialoghi o nella narrazione io non li concepisco. Alcuni vengono considerati capolavori, ma a me urta proprio tanto la cosa.
Ad ogni modo… peccato! Io da quando ho il blog – ormai da una vita – non compro quasi mai libri al buio, senza prima essermi documentata, proprio perché ho paura delle fregature!
Dispiace anche a me ma, la mancanza di punteggiatura, mi fa storcere non poco il naso!
È la prima volta che sento parlare del titolo e dell’autore e passo volentieri!
Appena finito di leggere,purtroppo!Finito a fatica,non ho trovato nulla di intrigante che mi accompagnasse nella lettura.Il modo di scrivere è pretenzioso e non porta da nessuna parte.Anche l’autore si nasconde dietro a pleonastici elenchi descrittivi fini solo a superare le 200 pagine!
Esattamente!
Finito di leggerlo oggi con tanta tanta fatica.
Pensavo di non avere capito niente io, ma i vostri commenti mi hanno sollevato
La punteggiatura, i personaggi anonimi, il racconto che si trascinava….niente
Voglio provare a dare una chance all’autore e leggere un’altro suo libro 🙂