“L’uomo di neve” di Jo Nesbø: non delude, ma non brilla
Jo Nesbø non ha certo bisogno di presentazioni. Con le sue oltre 30 milioni di copie vendute nel mondo è uno degli autore di thriller più noti. “L’uomo di neve” (Einaudi) è il primo della serie con il commissario Harry Hole che leggo e, come ho scritto nel titolo del post, non mi ha deluso, ma nemmeno mi ha entusiasmata. Ma questa volta la colpa è anche mia!
TRAMA – Con la prima neve lui ucciderà ancora. Una notte, dopo la prima neve dell’anno, il piccolo Jonas si sveglia e scopre che sua madre è sparita. La sciarpa rosa che lui le aveva regalato per Natale è avvolta al collo del pupazzo di neve che, inspiegabilmente, quel giorno è apparso nel loro giardino. Ma quando anche una seconda donna scompare nei dintorni di Oslo, i peggiori presentimenti dell’ispettore Harry Hole sembrano prendere davvero corpo. È evidente che si trova a fronteggiare un serial killer per la prima volta in Norvegia.
Con questo mio post non voglio mettere in dubbio né la bravura e né la capacità narrativa di Jo Nesbø, di cui ho avuto modo di leggere altri romanzi. Ne “L’uomo di neve” ci sono passaggi che mi hanno fatto sentire freddo, disgusto, ansia, però durante la lettura non mi è capitato di saltare dal divano al minimo rumore o non mi è caduta la mascella per un colpo di scena inaspettato.
Ma iniziamo dal protagonista. Probabilmente cominciare dal dodicesimo libro con Harry Hole non è stata una mossa intelligente, ma il romanzo mi è stato regalato e ammetto che ero curiosa, considerata anche la risonanza mediatica che ha avuto con l’uscita del film, così ne ho approfittato. Capita di leggere un romanzo seriale saltando qualche “puntata”, mi è capitato recentemente con la Bartlett e non ho avuto grosse difficoltà. L’autore di norma mette a suo agio il lettore lanciandogli qualche suggerimento durante la narrazione in modo da non farlo sentire del tutto smarrito.
Harry Hole però ha un passato molto grave alle spalle e quindi sarebbe stato difficile fare un “riassunto delle puntate precedenti” mentre si dà la caccia a un serial killer. Sebbene ci siano diversi passaggi che fanno intuire cosa sia successo in passato, per me che non conoscevo nulla della sua storia mi sono parsi come la punta di enormi iceberg. Da questo punto di vista, quindi, la mancanza è stata mia: sicuramente avrei apprezzato il protagonista molto di più e mi sarei avvicinata a lui avendone conosciuto le cicatrici. Dieci punti in meno per me.
Per quanto riguarda la narrazione, invece, sono molto belle le parti in cui si descrive il paesaggio, che affascina e terrorizza allo stesso tempo, anche se i nomi norvegesi, lunghissimi e impronunciabili, a volte sono difficili da ricordare e da ricollegare se si era fatto un precedente riferimento. Anche in questo caso, però, non si può certo dare ‘la colpa’ all’autore!
La trama è senza ombra di dubbio molto curata nei particolari, con un importante lavoro di ricerca, specie in ambito clinico e psicologico, ma nel suo svolgimento l’ho trovata simile a tante storie già lette. In più, non era difficilissimo individuare il serial killer sin dalle sue prime entrate in scena: era troppo perfetto per essere vero, puzzava di falsità fino a qui!
Una cosa che mi ha convinto poco, a livello strutturale, è stato il capitolo di apertura della quinta e ultima parte. “Stiamo per prendere l’Uomo di neve”, dice Harry ma subito dopo la tensione cala perché viene raccontata la storia del serial killer – che tra l’altro per buona parte era facilmente intuibile – andando indietro nel tempo. È stata come una frenata brusca, anche se mi rendo conto che un capitolo del genere non avrebbe potuto avere collocazione diversa. Subito dopo comunque il ritmo narrativo riprende fino alla risoluzione e l’inevitabile confronto finale.
Che dirvi, quindi? Mi sembra di non poter essere del tutto oggettiva con questo romanzo per le ragioni che vi ho spiegato, è chiaro quindi che il voto espresso all’inizio è del tutto personale e relativo alla mia esperienza di lettura, non all’opera in sé. Consiglio di non essere dei lettori sprovveduti come lo sono stata io!
Io l’ho letto e mi è piaciuto, ma forse andando di seguito è più semplice. Sui nomi impronunciabili però concordo. A me però ha fatto stare tesa per tutta la lettura anche se avevo capito pure io chi era
Io la tensione l’ho avvertita solo un po’ sul finale…
Nesbo ancora non l’ho incontrato, e aspetterà ancora un po’ mi sa.