“Il nostro tempo nel mondo” di Abby Fabiaschi: molto, molto emozionante
Mi ha sorpresa e in più di un’occasione emozionata “Il nostro tempo nel mondo” di Abby Fabiaschi (Editrice Nord). Non sarà per nulla facile parlarne, ma ci provo.
TRAMA – Maddy aveva una vita serena. Era una moglie amorevole e una madre meravigliosa, il pilastro della famiglia. O almeno così credevano Brady, il marito, ed Eve, la figlia, prima che Maddy si gettasse dal tetto della biblioteca. Adesso, nessuno dei due sa cosa pensare. E poi Brady non ha idea di come mandare avanti una casa, né tantomeno come comunicare con la figlia adolescente. Anche per Eve non è facile avvicinarsi al padre e nemmeno convivere col senso di colpa per tutte le volte in cui, per egoismo o superficialità, non ha dimostrato alla madre l’affetto che meritava. Eppure Brady ed Eve non sono soli: Maddy è ancora lì, accanto a loro, e non ha perso un briciolo della sua vitalità e caparbietà. E anche del suo senso pratico: quello non è certo il momento di piangersi addosso e naufragare nei rimpianti. Meglio agire e indirizzare in qualche modo i suoi familiari. E così si sforza d’introdurre nella loro vita Rory, una dolce e sorridente maestra elementare, che Maddy spera possa diventare una buona amica per Eve e una nuova moglie per Brady. In effetti, grazie all’influenza benefica di Rory, a poco a poco Brady ed Eve imparano a farsi forza a vicenda e, insieme, troveranno il coraggio di cercare le risposte alle domande che li tormentano. Scoprendo che, a volte, la verità è molto più sorprendente di quanto non ci si aspetti…
“Il nostro tempo nel mondo” è stato per me il classico libro che non ti aspetti. Leggendone in giro avevo già capito che avevo davanti un bel romanzo, ma non mi sarei mai aspettata che colpisse dritto allo stomaco in questo modo. Non vi nascondo che non mi sono commossa solo alla fine. Ho asciugato diverse lacrime dalla metà del libro in poi.
Nel romanzo si alternano i punti di vista di Madeline, Eve e Brady, sempre in quest’ordine. Maddy si presenta al lettore dopo il suo volo dal tetto della biblioteca. Tra film e telefilm siamo stati abituati all’idea che le anime delle persone defunte rimangano in qualche modo legate alle terra quando hanno ancora delle questioni in sospeso da portare a termine e all’inizio del libro Maddy è assolutamente “pratica”. Ha dei messaggi da lasciare, delle istruzioni da consegnare, interferisce nelle vite di tutti per creare incontri, occasioni, per “orchestrare attimi di conforto”.
Questa mia nuova capacità di leggere nella mente mi dà grandi soddisfazioni. Adesso so che Brady riesce davvero a sentire la mia risata e le mie esortazioni ad andarsene – essere piantati in asso è meglio che prenderle di santa ragione – e che le parole delle canzoni arrivano a Eve. Con un po’ di pratica riuscirò a influenzare anche le loro azioni.
Devo dirvi che il suo modo di fare all’inizio mi ha lasciato quasi spiazzata, ed è solo il primo indizio che l’autrice semina. Abby Fabiaschi sembra tutto tranne che un’esordiente, diciamoci la verità. Il modo in cui evolvono i personaggi del suo libro è sorprendente, specie perché lo fanno con la gradualità necessaria, che lascia al lettore un senso di naturalezza confortante.
Ma torniamo a Maddy. Una donna schietta, generosa, con i suoi consigli che andrebbero appesi al muro, sempre pronta al sacrificio e incredibilmente umana nelle sue fragilità, nei suoi bisogni e nei suoi timori.
In privato, e con questo intendo dentro di me, temevo l’impatto che un figlio avrebbe avuto sulla mia carriera e sul matrimonio. Chi ero io per diventare la madre di qualcuno?
Maddy si interrogherà spesso, sul suo passato soprattutto; proverà a fare i conti con se stessa, con quello che ha perso, con quello che ha avuto, senza mai celare i momenti di rabbia o di rassegnazione. È lei stessa che più volte prova a dirci la verità, ma credo che il lettore quasi non la voglia accettare. Almeno, così è successo a me.
Lo stesso faranno Eve e Brady, il più delle volte logorati dal rimorso e dai sensi di colpa. “Mia moglie ha preferito lanciarsi nel vuoto piuttosto che trascorrere un solo giorno in più al mio fianco”, pensa Brady. “Forse io non sono il motivo per cui si è buttata, ma allo stesso tempo non contavo abbastanza per farla restare qui. Io per lei ero un pensiero secondario, mentre lei era il mio tutto”, crede Eve.
Come si può comprendere una cosa del genere? Come si fa a convivere con un dolore così? All’inizio del libro Eve e Brady sono quasi due estranei: era Maddy che li teneva uniti oppure era lei quella che li ha divisi? Non sanno cosa dirsi, non sanno abbracciarsi, non si capiscono nemmeno quando si parlano, o si urlano addosso accuse e recriminazioni.
Entrambi credono che Maddy si sia portata via anche le loro vite. Entrambi si attaccheranno in modo morboso al diario che lei teneva per capire qualcosa, per provare a dare un senso, ma invano. Sarà proprio in quel dolore e in quella totale mancanza di comprensione che padre e figlia si avvicineranno, cadendo per poi rialzarsi.
Eve e Brady si interrogheranno su chi erano “prima”, una parola che diventa odiosa. “Chi ero prima che la mamma morisse? Solo una ragazzina egocentrica, materialista, ingenua e piena di sé. Quindi forse tutto quello che voglio dire è che mi dispiace. Peccato che la persona cui voglio dirlo non ci sia più”, ammette Eve. “È impossibile risalire a chi ero prima di Maddy, a cosa è cambiato in me sotto la sua influenza e a quali sono le mie opinioni ora che lei se n’è andata”, dice Brady.
Padre e figlia però capiscono che giunge un momento in cui dovranno anche prendersi cura di loro stessi e pensare al “dopo”. Arriveranno anche delle risposte, in un finale del tutto sorprendente, in un duplice modo: sia per le parole di Kara che per quell’abbraccio silenzioso tra padre e figlia davanti a degli estranei. Il cerchio si chiude e “Il nostro tempo nel mondo” diventa un libro da non lasciarsi sfuggire.
Emozionante, sincero, con una scrittura che va dritta al punto. Per Abby Fabiaschi ripetersi o superarsi sarà difficile, ma spero con il cuore di poter leggere presto qualcos’altro di suo.
Io intanto mi appunto una serie di cose e una frase provo a ripetermela ogni mattina: “La fine dipende dall’inizio”.