“Morte di un antiquario” di Paolo Regina: un buon esordio
“Morte di un antiquario” di Paolo Regina (SEM) è stata una lettura piacevole, ma ammetto che mi aspettavo qualcosa di più. Di certo un buon esordio, una scrittura che – a mio avviso – ancora deve crescere ma che ha tutte le carte in regola per poterlo fare.
TRAMA – Che cosa distingue l’antiquario dal semplice collezionista? Il gusto della ricerca tra le cose dimenticate alla scoperta dell’oggetto unico e magari irripetibile, prezioso. Ma anche la suggestione per il mistero che avvolge gli oggetti perduti e poi ritrovati: da dove vengono, chi li ha posseduti, quanta passione o dolore hanno ‘visto’. Testimoni muti delle vite passate, gli oggetti antichi attraversano il corso del tempo con il loro carico di segreti. Uber Montanari, tra tutti gli antiquari, è il più solitario, il più geloso delle scoperte che ha fatto, il più misterioso. Quando viene ritrovato cadavere nella sua bottega, a Ferrara, in molti si domandano quali tesori siano all’inizio della sua sventura. Gaetano De Nittis è un brillante capitano del Corpo più ‘odiato’ d’Italia: la Guardia di Finanza. D’origine pugliese, da poco trasferito a Ferrara, ama la buona cucina, cioè solo quella della sua terra, e odia l’agrodolce estense. Ha poco tempo libero e lo dedica tutto alla sua vera passione: la chitarra e lo stile blues del grande B.B. King, il suo idolo. È lui a scoprire, durante un’indagine di routine, il corpo di Montanari, l’antiquario dalla personalità ambigua, protetto da esponenti dell’alta borghesia ferrarese con cui aveva rapporti d’affari non sempre limpidi. Tra i molti segreti di questa vicenda, raccontata con calibrata maestria da Paolo Regina, il primo sta proprio nella vita dell’antiquario, coltissimo e misantropo, e nel suo insaziabile desiderio di collezionare opere d’arte proibite.
La prima cosa che mi ha colpito di “Morte di un antiquario” è stata la copertina (a onore del vero, sono tutte belle quelle della casa editrice SEM, se non la conoscete vi invito a dare una sbirciata sul sito). A quel punto ho letto la sinossi del romanzo e subito mi ha incuriosita la scelta di avere come protagonista un finanziere, un capitano del corpo “più odiato” d’Italia, come si legge nella trama. Io aggiungo anche “meno conosciuto” e su cui è facile emettere sentenze.
Paolo Regina, nel suo esordio come autore, ha fatto emergere entrambi gli aspetti: sia il pregiudizio, lo sguardo storto e preoccupato che riceve De Nittis ogni volta che si qualifica; che il lavoro della Guardia di Finanza, che di certo non si limita a controllare fatture o scontrini.
Il capitano Gaetano De Nittis è uno che non molla. Ostinato, curioso, con un forte senso di giustizia che deriva da vicende familiari; un uomo del Sud trasferito al Nord, in una città di provincia abilmente dipinta dall’autore, nei suoi pregi e nei suoi difetti, che si rispecchiano nel carattere dei suoi abitanti.
Ferrara è di una bellezza discreta, nascosta. Il meglio è celato all’interno, nei parchi dietro austeri portoni, nelle sale affrescate sui soffitti lignei di saloni sconosciuti ai più. Una “prudente” sobrietà nasconde lo sfarzo, perché l’ostentazione attira le maldicenze, l’invidia, l’attenzione. È l’urbanistica che ha influenzato le persone o viceversa?
In “Morte di un antiquario“, con la sua bicicletta o con il suo “motore” (io sono siciliana come Rosa, quindi passatemi il termine!), De Nittis ci mostra Ferrara e i dintorni, accompagnato spesso dal giornalista Bonfatti, una vecchia volpe che conosce uomini e cose.
“Gaetano, a Ferrara tutti sanno che uno ha pisciato ancora prima che abbia finito di scrollarselo”.
Insieme cercheranno di far luce sulla morte di un antiquario, scavando nel tessuto sociale della città, nella fitta rete di relazioni il più delle volte taciute (anche se conosciute da tutti), scoprendo soprusi, inganni e una cieca passione per il possesso, che mi ha richiamato alla mente Verga.
Il personaggio di De Nittis mi è piaciuto anche se a volte l’ho trovato sfuggente. Certe scene non mi sono sembrate verosimili, in particolare mi riferisco al mondo il cui il capitano, in alcune occasioni, si relaziona con le persone che interroga per le indagini. Un determinato linguaggio, secondo me, non rispecchia la realtà, che in molti casi è ben riportata.
Ritengo, come ho detto all’inizio, che Paolo Regina abbia scritto un buon esordio e si percepisce che dietro lo scrittore ci sia, prima di tutto, un appassionato lettore. Ho potuto cogliere riferimenti qua e là, alcuni velati, che mi hanno fatto immaginare le preferenze dell’autore. Credo, però, che ci sia ancora spazio per una crescita, provare a lavorare sui passaggi da un momento all’altro all’interno della narrazione, eliminare delle ripetizioni e magari aggiungere un po’ di tensione che tenga il lettore incollato alle pagine. Ad ogni modo, sono certa che del finanziere De Nittis sentiremo ancora parlare.
P. S.: Vorrei dire a Gaetano e a Rosa che i cappellacci di zucca non li ho trovati per nulla “incoerenti” quando li ho mangiati a Ferrara…