“Mal di pietre” di Milena Agus: parola dopo parola, ti rimescola dentro
Ogni libro dovrebbe essere così: 120 pagine, anche con caratteri tipografici ampi e ampi spazi tra le righe, ma così. Come “Mal di pietre” di Milena Agus (Nottetempo), un “libriccino” che però non riesci a smettere di leggere e parola dopo parola ti rimescola dentro. Perché il mal di pietre non è di tutti, ma ogni famiglia ha le sue pietre, da sopportare e scoprire e imparare ad amare. Perché una nonna speciale non tutti ce l’hanno, ma una persona speciale in famiglia, quella che butta per aria le carte sul tavolo, ce l’hanno tutti.
TRAMA – La storia di una nonna, della sua vita, del suo matrimonio e dei suoi amori. In quest’ordine, appunto, perché alla nonna tutto capita un po’ in ritardo, quando ormai non ci spera piú. Il matrimonio sembrava una possibilità sfumata, finché un uomo viene ospitato dalla famiglia e si sdebita sposandola. Ma l’amore arriva inaspettato durante un viaggio in Continente, in un centro termale per curare il “mal di pietre”, i calcoli renali. Il mal di pietre quindi, metafora del mal d’amore, trascina l’eroina in una vicenda di impensata felicità, con un uomo zoppo e sposato che soffre dello stesso male. Perfetto e unico come una pietra preziosa, Mal di pietre conferma le grandi qualità di scrittura dell’autrice.
D’altronde, “cosa ne sappiamo noi davvero degli altri, cosa possiamo saperne, davvero, anche di quelli più vicini”. Non ci si avvicina alla vita di qualcuno con schermi e pregiudizi, servono rispetto e apertura mentale. In dosi ancora maggiori se la vita in questione è quella di una persona cara.
“Mal di pietre” di Milena Angus è un’indagine. Non è, semplicemente, come dice la bandella “la storia della nonna della protagonista”, una mera biografia, ma è un profondo e catartico viaggio nella storia di una donna, amata dalla voce narrante con tutto il cuore, allo scopo di comprendere lei per comprendere per prima se stessa. Non è un caso che, l’ultima frase del libro – decontestualizzata dal contesto non svela nulla – sia: “Non smetta di immaginare. Non è matta. Mai più creda a chi le dice questa cosa ingiusta e malvagia. Scriva”. E Milena Agus scrive. Lei, nipote della macca (matta, in lingua sarda), scrive.
Per inciso: sapevo che il sardo fosse una lingua affascinante, ma non immaginavo che potesse suonare così duro e dolce allo stesso tempo.
“Mal di pietre” è la storia di una donna fuori dal comune che vive e diventa adulta nella Sardegna del dopoguerra, una terra in cui la modernità stentava ad arrivare. Diversa da chiunque, la “nonna” è “una creatura fatta in un momento in cui Dio semplicemente non aveva voglia delle solite donne in serie e gli era venuta la vena poetica e l’aveva creata”. Quando è già trentenne, sposa un uomo che non ama e che non riusciamo a capire se imparerà mai ad amare.
E nonna sempre si chiedeva come è strano l’amore, che se non vuole arrivare non arriva con il letto e neppure con la gentilezza e le buone azioni ed era strano che proprio quella, che era la cosa più importante, non ci fosse verso di farla venire in nessun modo.
Ma il Reduce, l’uomo incontrato durante la breve e solitaria permanenza alle terme, lui sì che sarà l’uomo della sua vita. E, d’altronde, non avrebbe potuto essere altrimenti.
E siccome per tutta la vita le avevano detto che sembrava una di un paese della luna, le sembrò di aver incontrato, finalmente, uno di quel suo stesso paese.
Di questo libro, porterò con me soprattutto un dettaglio, un piccolo ma significativo dettaglio del rapporto tra nonna e nipote:
E insomma. Forse io le avevo voluto bene nel modo giusto. Con le mie scene tragiche e i pianti e gli strepiti e gli attacchi di felicità.