“La nostalgia degli altri” di Federica Manzon: un romanzo inaspettato

“La nostalgia degli altri” di Federica Manzon (Feltrinelli) mi ha lasciato del tutto confusa. Se da un lato una trama ricca di punti (volutamente) oscuri non mi ha permesso di capire cosa fosse vero o cosa no (ma poi, essendo un romanzo nulla è reale, giusto?), dall’altro una scrittura evocativa e assolutamente moderna mi ha fatto arrivare forte e chiaro il messaggio di fondo del romanzo. Quindi, sì, sono confusa. E questa recensione non sarà facile…

TRAMA – Lizzie è volubile, egoista e piena di fascino, una dittatrice nata, circondata da una fama temeraria fin dall’adolescenza. Adrian è timido, maldestro, incapace di fare una mossa audace, eppure animato da desideri pericolosi. I due si incontrano all’Acquario: una grande industria dell’intrattenimento, un luogo dove si trasformano sentimenti e sogni in mondi digitali. Non si frequentano, ma ogni notte si scrivono. Un guaio per due persone convinte che a raccontare bene una storia la si possa rendere reale. E quanto più i corpi si sottraggono e il contatto virtuale dilaga, tanto più cresce il loro innamoramento. Ma chi è davvero Adrian? Un amante dedito o un tiranno crudele? Una persona in carne e ossa o un fake da social network? E soprattutto, cosa sa Lizzie di lui? Perché non si spaventa quando inizia ad accorgersi che tutto ciò che Adrian ha raccontato di sé manca di coerenza? 

Il primo appunto che mi sono presa quando ho iniziato a leggere il libro è stato: “Ma chi è che racconta?”. Protagonisti del libro sembrano (sì, mi dispiace, certezze non ne ho!) Adrian, Lizzie e il loro amico/collega che ci parla di loro. Un narratore che si rivolge direttamente al lettore, suggerendogli di “tenere a bada” un particolare piuttosto che un altro, o di ricordare una data; si definisce Mercuzio (“istigo in bounafede i primi passi di una catastrofe che richiederà tempo”) e “spione”, cibandosi delle briciole della storia d’amore dei due protagonisti; e ci getta altro fumo negli occhi: “E solo adesso che sto scrivendo queste pagine alla luce di tutto quello che è successo dopo, mi chiedo se non fossi anch’io una figurina del mondo virtuale che stava allestando per rinchiuderci dentro”.

Quest’ultima frase mi consente di fare un passo indietro. Tutti e tre lavorano all’Acquario, un’azienda che produce mondi immaginari. Lizzie, con la sua capacità di inventare storie, che da piccola le ha consentito di crearsi una corazza contro il dolore, lavora nella zona immaginatori, ovvero è tra coloro che inventano le intelaiature dei mondi virtuali: biografie componibili per ogni personaggio, dialoghi amorosi, caratteri. “Falsi esseri umani da vendere a essere umani reali per trasformarli in contraffazioni di se stessi“. In poche parole, mondi dove essere il meno possibile quello che realmente siamo. Il narratore, invece, lavora tra i visualizzatori, coloro che elaborano immagini da adattare alle invenzioni di quelli come Lizzie. Su Adrian rimane tutto molto aleatorio, si sa solo che “lavora fino a tardi”.

Adrian e Lizzie iniziano una specie di storia d’amore. Lui comincia a scriverle, specie di notte, sempre, tanto, continuamente.  Si scrivono ma non si vedono. Eppure entrambi dovrebbero conoscere le insidie di un mondo virtuale, di una relazione portata avanti celati dietro uno schermo.

“Essere ingannati è un gioco che entrambi credono di padroneggiare”. 

Ed è qui che arriva potente il messaggio di Federica Manzon che viene lasciato sempre nella mani del narratore che, ad esempio, insiste nel dirci che “profilo” non significa “identità”: il profilo è “un luogo fuori dal tempo con falsificazioni a ruota libera dolorosamente sincere”. Insiste sulla differenza tra mondo reale e mondo virtuale, che a volte sono talmente confusi e mescolati che non si capisce più dove finisce uno e inizia l’altro. Anche i ricordi perdono i contorni, le storie vengono amplificare per risultare più brillanti, il nostro vero io viene messo da parte perché non va bene, meglio costruirne uno ad hoc, o magari diversi, a seconda di chi abbiamo davanti.

La verità dell’epoca sta dietro uno schermo, non è quello che siamo costretti a essere nel mondo dei compromessi reali, ma chi vorremmo essere.

Ed è qui che ho dato la mia interpretazione al romanzo (in pratica, mi si è accesa la lampafina!), rendendomi conto della differenza tra quello che viene narrato al presente e i ricordi dell’infanzia: prima internet non c’era. Quello che sappiamo di Adrian e Lizzie da piccoli è “reale”, è stato davvero vissuto e molte pagine sono strazianti per il dolore che portano con sé. Da adulti è come se si fossero persi, come se le loro paure li avessero scontornarti, e la rete li ha resi qualcun altro.

Internet è stata una rivoluzione, senza ombra di dubbio. Globale, democratica, anche. In realtà è un’invenzione che solo in pochi sanno maneggiare per davvero, il resto ha solo l’illusione di saperla padroneggiare.

Ho letto tante recensioni diverse de “La nostalgia degli altri”, e credo che però, al di là della confusione di cui vi ho parlavo prima, c’è da riconoscere un attento e scrupoloso lavoro di fondo e un sottotesto non indifferente.

Un pensiero riguardo ““La nostalgia degli altri” di Federica Manzon: un romanzo inaspettato

  • 28 Gennaio 2018 in 9:20 pm
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    Mi riprometto sempre di leggerlo ed ora mi hai fornito un motivo in più.
    Lea

    P.S. Sai che anche questa scrittrice è di Pordenone?

    Risposta

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