“Mr. Zuppa Campbell, il pettirosso e la bambina” di Fannie Flagg: semplicemente delizioso
Qualche giorno fa su Instagram, Grazia, meglio nota come Giorgia o La spacciatrice di libri, chiedeva in quale romanzo ci sarebbe piaciuto vivere. Ecco, io finora non avevo una risposta, ma adesso, dopo aver letto due libri di Fannie Flagg, ce l’ho.
“Nell’estremo Sud dell’Alabama, sulla sponda di un pigro fiume serpeggiante, sorge la piccola e sonnolenta comunità di Lost River, un luogo dimenticato dal tempo, dove le giornate nuvolose sono l’eccezione, perché la regola è il cielo azzurro e il sole”. Non vorreste essere già lì?
Fannie Flagg mi aveva già conquistata con “Pane, cose e cappuccino” e mi ha definitivamente rubato il cuore con “Mr. Zuppa Campbell, il pettirosso e la bambina” (BUR).
TRAMA – L’inverno è alle porte e l’anziano Mr. Campbell (orfano dalla nascita, porta il nome della famosa minestra pronta perché, quando lo ritrovarono, nella culla ne aveva accanto una lattina), viene avvertito dal medico che se non cambierà clima non vedrà la primavera. Allora lui fa le valigie per Lost River, Alabama, diretto a un albergo che potrebbe fare al caso suo. Quando arriva scopre che l’albergo è andato a fuoco, ma viene accolto dalla piccola comunità del villaggio. E da una bambina che va in giro scalza, zoppica e gioca tutto il giorno con un pettirosso. Anche lei, come Mr. Campbell, non conosce la data del suo compleanno…
Terminato di leggere “Mr. Zuppa Campbell, il pettirosso e la bambina” ho potuto capire fino in fondo la recensione di questo romanzo a firma di Lea, una delle Due lettrici quasi perfette, che scrive: “L’ho somministrato alle mie utenti come una cura contro la malinconia e contro i brutti libri”. Penso che non ci potrebbe essere definizione più azzeccata: Fannie Flagg è senza dubbio la cura migliore contro i romanzi scadenti.
Ma parliamo di “Mr. Zuppa Campbell, il pettirosso e la bambina”. Il povero Mr. Campbell viene dato per spacciato dal suo medico: gli restano pochi mesi di vita, e gli viene consigliato di affrontare l’inverno in un posto dal clima mite, perché se fosse rimasto a Chicago non sarebbe sopravvissuto. Ma per Oswald lasciare quella città era come “andarsene dal pianeta”: figuriamoci se poteva pensare di trasferirsi in un paesino di “sessanta o settanta” abitanti in Alabama!
Eppure, risolte quelle poche cose che sarebbero potute rimanere in sospeso in caso di morte, fa le valigie e arriva a Lost River. Una comunità deliziosa, dove tutti sono ospitali e cordiali, dove il paesaggio toglie il fiato e i sentimenti sono autentici.
Videro gli ultimi istanti del tramonto. A destra e a sinistra non c’era altro che miglia e miglia d’acqua, e il sole ormai immerso nella baia era così grande e arancione che Oswald ne fu quasi spaventato.
“È normale?” chiese a Butch.
L’altro guardò fuori dal finestrino. “Sì, abbiamo quasi sempre tramonti così.”
La sua storia si intreccia principalmente con quella di altre due personaggi che, come lui, hanno dei problemi di salute. “Per un verso o per l’altro, soffrivano tutti e tre di un handicap”, riflette Oswald. Si tratta di Patsy, una bambina con un difetto grave all’anca che la cotringe a zoppicare, e un cardinale (non un pettirosso, come recita il titolo) di nome Jack ferito a un’ala.
Inutile dire che attorno a loro ruotano una serie di personaggi incredibili, descritti così bene dall’autrice da avere l’impressione di conoscerli da sempre, e soprattutto di aver voglia di passare con loro le feste. Non solo perché si mangia benissimo, ma perché di certo non c’è la possibilità di sentirsi soli o non amati da quelle parti.
I miei preferiti sono Roy, proprietario dell’unico negozio dove si può trovare di tutto, una montagna d’uomo che ha saputo mettere da parte l’orgoglio e non si è vergognato di piangere di fronte al suo nemico giurato; e l’eccentrica Mildred, che fa ammattire la sorella Frances per i suoi continui cambi di colore ai capelli e che si saprà fare una grossa risata per quello che aveva tutta l’aria di essere un rimpianto, ma che alla fine si dimostrerà una vera e propria liberazione.
La storia di “Mr. Zuppa Campbell, il pettirosso e la bambina” è divertente, ma anche molto commovente. La comunità si stringerà intorno a un comune obiettivo e sul finire, quando sembra che le cose non possano più sistemarsi, arriverà un pizzico di magia ad aggiustare tutto. E a riempire quel piccolo paese con ancora altro amore.
Ho invidiato tantissimo Oswald quando sulle rive del fiume osservava gli uccelli e si prendeva a pieno titolo il suo posto nel mondo, coltivando quel sogno che sembrava ormai perso per sempre, ricominciando a vivere. O forse facendolo per la prima volta. Cosa ci manca per seguire il suo esempio?
P.S. Per la ricetta della torta di mele rivolgersi a La Libridinosa.
Sono felice per la citazione e ancor più felice del fatto che ora sei entrata nel club.
😉
baci lea
E chi esce più adesso!!!