“Dammi tutto il tuo male” di Matteo Ferrario: un thriller in bilico tra bene e male, luce e buio
Conosciamo davvero noi stessi? Sapremmo dire con certezza che siamo persone incapaci di superare il confine tra il bene e il male? Abbiamo mai guardato per davvero dentro la parte più buia della nostra anima? Sono solo alcune delle domande che mi vengono in mente dopo aver letto “Dammi tutto il tuo male” di Matteo Ferrario (Harper Collins), un thriller che gira intorno a un unico, enorme, spaventoso, interrogativo: cosa saremmo disposti a fare per proteggere le persone che amiamo?
TRAMA – C’è un momento all’imbrunire in cui tutti i rumori della giornata si attutiscono e cala un silenzio perfetto. È il momento in cui sul prato scende l’oscurità e si accendono le mille luci delle lucciole. Come ogni sera, Viola, una bambina di quasi sei anni, attende quel momento abbracciata a suo padre Andrea sotto la veranda della loro casa. Aspetta le lucciole, ma non solo. Aspetta il ritorno della persona più importante della sua vita: sua madre Barbara. Aspetta invano, ma questo solo Andrea lo sa. Andrea ha quarant’anni ed è un uomo normale, con una vita normale. Fa il bibliotecario e, da quando la sua compagna Barbara non c’è più, cresce da solo sua figlia, come un adulto responsabile può e deve fare. Ma Andrea non è soltanto un uomo normale e un padre premuroso. È anche un assassino. Barbara e Andrea si erano conosciuti a un esclusivo party milanese e da quel momento erano diventati inseparabili. Barbara, una tatuatrice dalla bellezza androgina, dura e sfuggente, si era illusa di trovare in lui l’unica persona al mondo che potesse salvarla. Ma salvarla da cosa? E perché la donna è sparita poco dopo la nascita di Viola? Andrea è l’unico a conoscere la verità. Una verità oscura e inconfessabile, nascosta in una fitta boscaglia di silenzio, omertà e dolore. Andrea ha ucciso, ma non è pentito. Perché si può uccidere per odio. Ma, a volte, si può anche uccidere per amore. Questa è una storia che parla del nostro lato buio. È la storia struggente di un padre, di una figlia e di un amore che porta alle estreme conseguenze. È una storia che scuote le coscienze, e non in senso figurato.
“Sono un padre e un assassino”. Un incipit fulminante quello di “Dammi tutto il tuo male” che, devo ammettere, all’inizio non mi aveva catturata come speravo, ma poi la lettura si è fatta man mano sempre più interessante. E, lo confesso, sono arrivate anche un paio di notti con sonno agitato. Il che, per me, è già un enorme complimento allo scrittore.
Andrea non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe diventato un assassino. Padre probabilmente sì, con la costante voglia di non assomigliare al proprio, ma assassino? No, decisamente, no. Nemmeno l’amico di una vita, dopo una battuta glaciale da parte di Andrea, viene minimamente sfiorato dal sospetto.
Eppure è così che è andata. Per di più non è stato un raptus, come si usa dire, ma un gesto voluto. Un’azione covata, desiderata malgrado fosse sbagliata. Compiuta in nome di cosa? Dell’amore? È possibile etichettare un omicidio come gesto di protezione nei confronti delle persone che più si vorrebbero proteggere? Etica, morale, giusto, sbagliato, sono temi che tendono a confondersi in questo libro, si mescolano tra il passato e il presente di Andrea, in mezzo ai continui dubbi su di sé e su quello che ha fatto, nella fitta rete di bugie che sarà per sempre costretto a dire.
La scrittura di Matteo Ferrario impone un continuo senso di allerta, non solo perché il gesto di Andrea verrà svelato solo verso la fine del libro, ma anche per provare a capire la psicologia dei personaggi descritti. Andrea, da assassino, sembra quasi aver trovato il suo equilibrio. Ma come è possibile non impazzire dopo una cosa del genere? Eppure è un ottimo padre, si prende cura da solo di Viola, è un buon amico e il lavoro va bene. È tormentato, ogni tanto piange, ma sembra più saldo di prima. Sembra che il suo essersi messo davvero a confronto con la parte più oscura di sé lo abbia reso “intero”.
Anche Barbara è un personaggio complesso, forse troppo, così come l’amore che la unisce ad Andrea. Barbara ad un certo punto dice di sentirsi come l’incrinatura di un vetro, ovvero qualcosa che non si può aggiustare. Il suo compagno vorrebbe porterlo fare, ma a volte nemmeno l’amore basta. Anche Barbara dovrà scendere a compromessi con il male che porta dentro: non sappiamo quanto avrà sofferto nel farlo, ma, conoscendola, il suo gesto era l’unico possibile.
“Dammi tutto il tuo male” non è solo il titolo del romanzo, ma anche una battuta che i due si scambiano e che ho trovato molto più significativa di intere pagine di amori irreali. “Dammi tutto il tuo male” significa che si è pronti ad accogliere davvero ogni parte dell’altro, persino quella che ci fa più paura. Significa amare senza riserve, senza timore, senza esitazione. Significa diventare custodi del buio e della luce, senza giudicare, senza tentare di capire, finalmente consapevoli che l’una non può esistere senza l’altro.