“Una finestra sul mare” di Corina Bomann: un romanzo che convince solo per metà
Mi ha lasciato dell’amaro in bocca “Una finestra sul mare” di Corina Bomann (Giunti): penso che sia un romanzo con delle potenzialità enormi, ma l’autrice, sebbene abbia una scrittura molto bella, ha a mio avviso trascurato alcuni aspetti e personaggi per concentrarsi di più su altri. Il risultato è un libro che convince, solo per metà.
TRAMA – Da generazioni i suoi antenati percorrono ogni giorno il sentiero tra le ginestre che conduce in cima alla scogliera di Land’s End, in Cornovaglia. Un sentiero pieno di segreti, sepolti nel profondo del suo cuore. Ultima discendente di una famiglia di guardiani del faro, Janet è ormai anziana, ma non riesce a rinunciare del tutto a quell’antico rituale. Ma quel giorno, giunta in cima al promontorio, scorge una ragazza sul bordo della scogliera, lo sguardo che scruta il vortice delle onde. Troppe volte ha visto quella scena per non intuire subito le sue intenzioni. Con parole confortanti, Janet porta con sé la giovane Kim, accogliendola nel suo piccolo cottage coperto d’edera. Qui la ragazza le confida il motivo della sua disperazione: la morte dell’uomo che amava. È così che Janet decide di farle un dono molto speciale: un vecchio diario ritrovato sulla spiaggia dal suo bisnonno. Le memorie di Leandra, che nel 1813, proprio su quegli scogli, aveva cercato di sfuggire al suo doloroso destino. Finché la sua strada non aveva incrociato quella di Christian, il misterioso guardiano del faro…
Il romanzo segue due piani temporali: quello del presente, con Kim che giunge alla scogliera intenzionata a volersi suicidare dopo la morte dell’uomo che amava, Jack, e con Janet, una donna dalla tempra unica che la salva donandole amore e curando la sua anima ferita; e quello del passato, attraverso le parole di Leandra, affidate a un diario.
Inevitabile fare un paragone: il personaggio di Leandra è raccontato in modo molto affasciante, la sua storia lascia con il fiato corto e il battito accelerato. Il lettore si sente coinvolto dalla sua triste vicenda, dalla sua sorte terribile, e spera continuamente che possa afferrare quel lieto fine che meriterebbe. La stessa autrice, alla fine del libro, ammette di amare molto questa donna muta, e non possiamo che essere d’accordo con lei.
Quando invece leggiamo il presente, rimaniamo affascinati solo da Janet (e anche qui è l’autrice a dire che le è “particolarmente cara”). Sì perché né Kim né Dan, il nipote marinaio di Janet, riescono a essere di impatto. Kim per la leggerezza con la quale affronta il suo tentativo di suicidio, la superficialità di alcune sue battute e il modo repentino con il quale cambia atteggiamento nei confronti della vita. Dan perché in realtà sappiamo davvero poco di lui, finisce per risultare un personaggio piatto, senza spessore, messo lì solo ai fini dell’intreccio.
Nella sua assenza, Jack sembra avere più definizione; così come Christian il guardiano del faro di cui si innamora Leandra, che colpisce per i suoi gesti romantici e la sua passione, sebbene di lui troviamo solo degli accenni. Come sappiamo bene, se scritti in un certo modo, bastano pochi passaggi per inquadrare un personaggio e farlo arrivare al cuore del lettore.
Peccato perché il libro ha delle atmosfere molto suggestive. Anche qui, sono costretta a citare l’autrice che nella nota finale scrice: “La Cornovaglia mi affascina da sempre, la trovo uno degli angoli più belli della Gran Bretagna”. Ecco, si percepisce, eccome. A tratti mi è sembrato si avvertire sulla pelle gli schizzi delle onde, di vedere il mare e di sentirne l’odore. Le descrizioni sono davvero accurate e di impatto.
È indubbio che Corina Bomann abbia una bellissima scrittura, ma per quanto detto sopra il romanzo mi ha convinta solo per metà. La preferenza per alcuni personaggi è fin troppo evidente e la trama ne ha risentito. Peraltro, alcuni passaggi dell’intreccio, che ovviamente si chiariscono solo alla fine del libro, sono facilmente intuibili. Al contrario, sono rimasta piacevolmente colpita dalla fine del diario: non posso accennare nulla, però trovo che sia stata la scelta migliore che l’autrice potesse fare. Il lettore non se l’aspetta, ma ragionandoci è davvero l’unica soluzione possibile per essere credibile, nella finzione letteraria.
Ecco, come vedete mi muovo in bilico, tra considerazioni positive e altre un po’ meno. Poche volte mi capita di essere così combattuta. Ma forse è un bene anche questo, in qualche modo sono rimasta colpita. Spero di poterne parlare presto con qualcuno per potermi confrontare!!
Anche io leggendo questo libro ho avuto le stesse sensazioni. Dan è un po’ fatto e messo li, non è stato sviluppato forse come meritava! Mi spiace perché anche io ho amato molto gli scenari e penso che sarebbe stato molto affascinante saperne di più su Kim e Dan!
Ho apprezzato però la descrizione di temi particolari come il lutto e la malattia!
Concordo con tutte le tue considerazioni!!