“Hotel delle muse” di Ann Kidd Taylor: immergetevi in un’atmosfera unica
Una Palermo davvero molto diversa dalla mia ho potuto vivere attraverso le parole di Ann Kidd Taylor e il suo romanzo “Hotel delle muse” (Corbaccio). Suggestiva, incantevole, piena di colori e di sfaccettature, proprio come la storia di Maeve.
TRAMA – 1988. In una giornata estiva nel Golfo del Messico alla dodicenne Maeve Donnelly succedono due cose straordinarie: viene baciata da Daniel, il ragazzino dei suoi sogni, e viene aggredita da uno squalo. Diciott’anni più tardi Maeve è una biologa marina molto apprezzata che si trova più a suo agio sott’acqua con gli squali che con le persone. E quando fa ritorno all’isoletta della Florida dove ha trascorso l’infanzia, nell’Hotel delle Muse dove la nonna l’ha cresciuta insieme a suo fratello gemello, ritrova Daniel e i ricordi riaffiorano impietosi. Ripensa a quando, da bambina, sognava di diventare un’affermata esperta di squali, ma anche di avere un marito, una famiglia, un figlio a cui insegnare a nuotare nelle acque del Golfo. Finora ha cercato in tutti i modi di sfuggire alla forza dei sentimenti del passato, ma adesso capisce che non può più continuare a tuffarsi nell’oceano per tenere lontana l’eco di quel che accade sulla terraferma; è giunto il momento di affrontare la sua paura più grande: quella di mettersi in gioco con tutta se stessa per raggiungere la felicità.
Ci sono tanti temi nel romanzo della Taylor, primo fra tutti l’amore, declinato in molteplici forme. C’è l’amore e il rispetto nei confronti della natura e degli animali, l’amore e il ricordo di una famiglia spezzata troppo presto, l’amore per un passato carico di aspettative e per un futuro che va afferato “ora o mai più”.
Maeve ha affrontato tutti i suoi fantasmi sott’acqua. La perdita dei genitori quando era ancora una bambina, l’amore che arriva dirompente a dodici anni, il morso di uno squalo. Quello che per la maggior parte di noi sarebbe stato un trauma, per Maeve si è trasformato in una possibilità. Da allora ha voluto sapere tutto di squali, li studia, nuota con loro, si dispera quando vengono maltrattati.
Sembra che a nessuno importi di loro. Del resto, non sono balene o non sono delfini. Chi si prende davvero a cuore la sorte dei squali? Maeve lo fa, mettendo da parte ogni cosa. Persino se stessa.
Il suo ritorno a casa, all’Hotel delle muse dalla sua amata Perri, la riporterà indietro costringendola ad affrontare una ferita ancora aperta e che finora l’ha fatta vivere a metà. “Era difficile per me separare la nostra storia passata da quella presente”, dice a un certo punto parlando di Daniel, che non è più quel ragazzino a cui ha giurato amore eterno.
Nemmeno Maeve lo è più, solo che avrà bisogno di tempo per dirle addio. Farà parte di un’esclusivo Club degli Squali, affronterà le paure del fratello gemello Robin, un personaggio molto complesso che avrebbe meritato un approfondimento a parte (forse addirittura un altro libro!), capirà quali sono realmente i suoi sentimenti, si troverà coinvolta in delle indagini su maltrattamenti di squali, partirà alla volta di nuove ricerche molto lontana da casa. E finalmente, uscirà dall’acqua per arrivare alla consapevolezza più grande: nulla sarà mai come lo avevamo pianificato.
Un romanzo dalle atmosfere davvero uniche, nelle quali immergersi è davvero piacevole. Luoghi incantati per i quali verrebbe voglia di partire subito, mollando ogni cosa. Un libro che fa riflettere sulle ferite che ognuno di noi si porta addosso, che siano visibili come una cicatrice sul polpaccio, oppure interne, nel profondo. Troppo spesso siamo abituati a ripeterci “passerà”. “Daniel era una ferita che non guariva”, si rende conto Maeve. Non guariva perché in realtà non se n’era mai presa cura.
Forse il messaggio è proprio questo, guardare le nostre ferite e non coprirle, non sottovalutarle, anche perché potrebbero riaprirsi e poi rimarginarle è più difficile. Accettarsi, lividi e cicatrici compresi, è il dono più grande che possiamo fare a noi stessi.