“Inerti” di Barbara Giangravè: un libro che non può lasciare indifferenti
(Recensione e foto di Azzurra Sichera)
Mi ha fatto riflettore molto “Inerti” di Barbara Giangravè (Autodafè Edizioni). Mi ha fatto pensare a questa terra maledetta che è la Sicilia, a noi siciliani che sappiamo essere eroi o delinquenti, santi o aguzzini, senza mezzi termini, senza mezze misure, incapaci di adattarci alle sfumature.
LA TRAMA – Licenziata dall’azienda per cui lavora, la trentenne Gioia lascia Palermo, sua città d’elezione, e si trasferisce nel paese di provincia dei defunti genitori. Gioia vive appartata tra la casa e la libreria nella quale lavora come commessa, ma l’incontro con il suo vecchio amico Fabio, malato di tumore, la costringe a prendere atto di quanto il cancro sia diffuso, in misura anomala, nel paese. Inizia così la ricerca delle prove di un traffico illecito di rifiuti di cui tutti parlano, ma solo a mezza bocca. Alla ricostruzione del passato del borgo delle origini, si affiancano i ricordi e i traumi della vita familiare della protagonista.
Gioia Lantieri non è un personaggio semplice e scommetto che l’autrice non ha avuto vita facile con lei. Trent’anni all’anagrafe ma dentro un’adolescente arrabbiata; avvolta nella sua solitudine che le impedisce di vedere quello che ha attorno; in gioco nella partita più importante, quella contro se stessa.
Non è scorrevole il percorso che deve compiere Gioia per risolvere i suoi problemi, e di certo non finisce nell’ultima pagina del libro, anzi. Sono certa che Gioia avrebbe ancora tanto altro da raccontarci solo che ha preferito così e a mio avviso, ha fatto più che bene. Non voglio anticipare niente del finale (qualunque cosa direi purtroppo potrebbe farvi capire troppo, quindi devo tenere a freno la lingua!) ma l’ho trovato molto interessante e per nulla scontato.
La storia che ci racconta riguarda tutti noi, solo che di solito non c’è “nessuno disposto a parlare di queste cose”. Giulia invece ha il coraggio e forse anche l’esigenza di farlo, quantomeno di provarci, accerchiata da persone che le vogliono offrire quell’amore che spesso tende a rifiutare, e quel supporto che le costa caro ammettere di aver bisogno.
Un passaggio del libro mi ha colpito più di tutti
In testa, le rigira una frase che ha sentito tante volte: i siciliani si dividono in due grandi categorie, i siciliani di scoglio e i siciliani di mare aperto. Il siciliano di scoglio è quello che riesce ad allontanarsi al massimo fino al più vicino scoglio, il siciliano di mare aperto invece prende il largo e se ne va. Deve solo capire a quelle delle due categorie appartiene lei.
Carissima Gioia, sappi che non sei la sola a non averlo ancora capito.
(Nella foto, “La terra di Archimede”, Sellerio, con le fotografie di Mimmo Jodice)
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