“La via del male” di Robert Galbraith: ecco perché Cormoran Stike non mi ha conquistata

(Recensione e foto di Azzurra Sichera)

Io so benissimo che la signora J.K. Rowling non ha bisogno del mio parere per continuare a scrivere libri – scusate, bestseller internazionali – ma io un giudizio non del tutto positivo su “La via del male” (Salani), terzo libro che racconta le avventure del detective Cormoran Strike e che lei firma con lo pseudonimo di Robert Galbraith, lo scrivo lo stesso.

Detto proprio fuori dai denti, non mi è piaciuto e ho fatto una fatica enorme per finirlo. L’unica cosa che mi ha spinta ad andare avanti è stato capire cosa succedeva tra Cormoran e la sua assistente Robin ma anche in quel caso il finale mi ha delusa…

LA TRAMA – Quando un misterioso pacco viene consegnato a Robin Ellacott, la ragazza rimane inorridita nello scoprire che contiene la gamba amputata di una donna. L’investigatore privato Cormoran Strike, il suo capo, è meno sorpreso, ma non per questo meno preoccupato. Solo quattro persone che fanno parte del suo passato potrebbero esserne responsabili – e Strike sa che ciascuno di loro sarebbe capace di questa e altre indicibili brutalità. La polizia concentra le indagini su un sospettato, ma Strike è sempre più convinto che lui sia innocente: non rimane che prendere in mano il caso insieme a Robin e immergersi nei mondi oscuri e contorti degli altri tre indiziati. Ma nuovi, disumani delitti stanno per essere compiuti, e non rimane molto tempo…

In realtà Cormoran si concentra su tre persone che potrebbero essere a suo dire ugualmente responsabili. Il punto è che non è difficile capire chi è il killer: uno sarebbe troppo scontato e prevedibile; il secondo sin dal principio si intuisce che si vuole accusare di altri delitti terribili e non degli omicidi. Di conseguenza, non è difficile puntare i riflettori sul terzo rimasto.

In più la narrazione l’ho trovata lenta, inutilmente lunga (avrei tagliato almeno un centinaio di pagine), ripetitiva (ma quanti appostamenti fanno?), particolarmente ridondante all’inizio quando questi tre indiziati quasi si sovrappongono e si confondono, avendo dei tratti molto simili. Ma perché tutti i violenti (sto parlando di quasi tutti i personaggi descritti, non dell’assassino nello specifico) devono avere per forza un passato di maltrattamenti da parte del padre o comunque un’infanzia di soprusi? Possibile mai che uno scrittore come la Rowling mi cada in questo cliché così ampiamente abusato?

Come dico sempre e ribadisco quando mi capita di chiacchierare di libri, il thriller o il giallo deve essere scritto a regola d’arte. Sono stati pubblicati libri di questo genere che sono dei veri e propri capisaldi, e che dovrebbero essere presi a esempio (e in caso non imitati malamente). Devi avere una marcia in più per poter competere con nomi di un certo calibro.

J. K. Rowling con il suo Harry Potter (faccio ammenda, non ne ho letto nemmeno uno e non ho mai guardato i film) ha fatto felici milioni di persone nel mondo, tanti lettori sono cresciuti insieme ai suoi libri e alle avventure del mago diventato uomo. Ma a me con questo libro non mi ha conquistata. Davvero poco male, rimango una misera goccia nell’oceano.

 

 

 

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